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Orte - Il Presidio Sabina e Tuscia sulla ferrovia Civitavecchia - Capranica - Orte

“Chiedieremo a Rfi, Trenitalia e regione di ripensare in chiave diversa questo antico e bellissimo tracciato”

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La ferrovia abbandonata di Capranica - Civitavecchia

La ferrovia abbandonata di Capranica – Civitavecchia

Orte – Riceviamo e pubblichiamo – Il Presidio Sabina e Tuscia, che raccoglie molte guide ambientali escursionistiche associate alla Lagap (Libera associazione delle guide ambientali escursionistiche professioniste) è venuto a conoscenza che la regione Lazio avrebbe “inserito il progetto Italferr nel piano dei trasporti regionali e ha proposto il suo inserimento nel Pnrr soprattutto per il trasporto merci”.

Riteniamo questa operazione priva di senso e un inutile dispendio di denaro pubblico.

Per avvalorare la nostra tesi, vogliamo ripercorrere a brevi tappe la storia di questa ferrovia.

Essa viene realizzata nel 1927 con lo scopo di realizzare una tratta che collegasse Terni con il porto di Civitavecchia, ma non ebbe vita facile in quanto per le merci si ritenne più conveniente passare per gli scali di Roma.

Dopo il suo ripristino nel 1947, il 9 gennaio 1961 viene scoperta una frana all’altezza di Cencelle e mai più riaperta. Tra gli anni ‘80 e ‘90 vengono effettuati lavori di messa in sicurezza, ma da allora i lavori si interruppero; anzi negli anni a seguire fu chiusa ai passeggeri anche la tratta tra Capranica e Orte (funzionante soltanto in casi di trasporti eccezionali).

Nel frattempo questa tratta, diventata di fatto una strada carrabile, è stata via di comunicazione per accesso a terreni, nonché utilizzata da amanti di attività all’aperto come ciclisti ed escursionisti.

Questo tracciato infatti insiste su una delle zone più belle e selvagge che comprende la Valle del Mignone, il sito archeologico di Luni, l’antico abitato di Cencelle, e custodisce le bellissime stazioni, unico esempio architettonico in Italia, ormai in rovina; nonché dei panorami mozzafiato che affacciano sulla Maremma Laziale e sui comuni di Blera, Barbarano, Vejano e Capranica.

Ci chiediamo come mai, ancora una volta, si promuova un’opera, e a quale scopo, anche alla luce del fatto che è imminente l’ultimazione della superstrada che collega Viterbo con Civitavecchia.

Per far passare un treno a un solo binario per far trasportare delle merci e delle persone?

Per dare una vocazione turistica a questi territori, essi avrebbero solo bisogno di una progettualità che si basi, una volta per tutte, anche sugli operatori del settore e non su progetti velleitari ed utopistici, oltre che non sostenuti da una effettiva utilità.

Senza considerare poi, che ci sono almeno due stazioni, quella di Monte Romano e quella di Civitella Cesi, che sono lontane in media 6 o 7 chilometri dai rispettivi abitati, e totalmente prive di strade carrabili; per realizzarle si prevede un’ulteriore e inutile sbancamento di aree come “La dogana” o quelle delle Università agrarie di Monte Romano e Blera, già pesantemente minacciate dal passaggio del tratto finale della futura superstrada Civitavecchia – Viterbo (progetto pare fortunatamente bocciato dalla Ue), allo scopo di creare strade carrabili.

Una colata di cemento e acciaio che si riverserebbe al solo scopo di creare una ferrovia che già all’epoca, e quando molte strade provinciali non erano nemmeno esistenti o asfaltate, non era esattamente una linea molto frequentata.

Da questo presidio nasce invece la proposta di un “tracciato universale” che non dia una pertinenza esclusiva ad una ferrovia, ma si apra ad un grande cammino che parta dal mare ed arrivi sui Monti Cimini e si colleghi alla Via Francigena. In questa opera realizzata sarebbe possibile il passaggio ad escursionisti, pellegrini, ciclisti.

Si potrebbero inoltre cedere in comodato d’uso gratuito le vecchie stazioni per il loro ripristino ed il loro utilizzo come punti di sosta e di ritrovo.

Riteniamo che il vero sviluppo per questi territori sia nel turismo sostenibile, un settore che è in continua crescita, non solo a livello di volontariato, ma anche professionistico.

Un autentico sbocco lavorativo anche per la popolazione locale, libero dalla “fuffa” di chimere di posti di lavoro fittizi di cui questo Paese, soprattutto in questo momento di difficoltà, non sente la necessità né il bisogno.

Per questo chiedieremo a Rfi, a Trenitalia, alla regione Lazio, agli amministratori di ripensare in chiave diversa all’utilizzo di questo antico e bellissimo tracciato.

Chiederemo anche un incontro con le autorità preposte, per esporre il nostro progetto ma soprattutto per avere garanzie che la realizzazione di questa ferrovia non abbia luogo.

Iniziamo da oggi a coinvolgere in questa proposta associazioni di categoria, federazioni escursionistiche e ciclistiche, il Cai, i partiti locali e le associazioni ambientaliste nonché la società civile in generale. Le organizzazioni che lo desiderano possono prendere da ora contatto con la segreteria nazionale alla mail segreteria@lagap.org.

Presidio Sabina e Tuscia


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9 aprile, 2021

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