Viterbo – “Sono stato sospeso dalla mia attività di medico di assistenza primaria proprio per questo motivo per non essermi fatto il vaccino”. Luca Torquati è un medico dermatologo di Viterbo, qualche giorno fa ha inviato una lettera a Tusciaweb in cui affermava di non volersi vaccinare. Mercoledì scorso la decisione della Asl. “Sono un medico – scriveva a Tusciaweb -, non mi sono vaccinato e continuo la mia attività”. Differenti le reazioni alla lettera di Torquati. Molte le condivisioni su Facebook, oltre 1500. Tuttavia, “alcuni dettagli fondamentali – prosegue Torquati – devono ancora essere chiariti: ci sono molte persone coinvolte e siamo in attesa di sapere se ci sarà un sostituto incaricato. Il disagio di queste persone è l’unica cosa che mi dispiace”.
La legge prevede l’obbligo vaccinale per i medici. Chi non fa il vaccino, e lavora per la Asl, la Asl lo sospende. Come ha fatto quella di Viterbo con Torquati, il cui “no” al vaccino, come spiega, non è a prescindere, ma è legato alle “perplessità in merito ai vaccini vigenti”. “Siamo vittime della paura – ha poi concluso Luca Torquati – che non sempre è generata dal virus. E abbiamo bisogno di spezzare questo accerchiamento”.
Oggi pomeriggio Torquati sarà in piazza del Sacrario per la raccolta firme contro il green pass organizzata da ItalExit per l’Italia.
Viterbo – il medico Luca Torquati
Dottor Torquati, ci sono state conseguenze da parte della Asl subito dopo l’uscita della sua lettera su Tuscia web?
“Sta procedendo l’iter previsto dal decreto legge 44 per l’accertamento dell’obbligo vaccinale, mio e di altri operatori sanitari. Per quello che mi riguarda sono stato sospeso dalla mia attività di medico di assistenza primaria proprio per questo motivo, ma alcuni dettagli fondamentali devono ancora essere chiariti: ci sono molte persone coinvolte e siamo in attesa di sapere se ci sarà un sostituto incaricato. Il disagio di queste persone è l’unica cosa che mi dispiace”.
Perché ha deciso di non vaccinarsi?
“Per le mie perplessità in merito a questi vaccini e i motivi sono più di uno, tecnico ed etico. Alcuni di questi vaccini vanno ad adoperare il linguaggio dei codici genetici, cosa molto delicata sulla quale ho una istintiva diffidenza, mentre per altri è in ballo il tema della eticità dell’utilizzo in laboratorio di linee cellulari di derivazione abortiva. Sono temi importanti che toccano in primis la coscienza e il dibattito è sempre aperto. A questi argomenti si aggiungono come noto le osservazioni sulla quantità e sull’entità degli effetti collaterali, che superano certamente quelli che eravamo abituati ad osservare nelle precedenti campagne vaccinali.
Personalmente avevo deciso di rimanere in attesa di un altro vaccino, fintanto che non è arrivato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario. Obbligo al quale non voglio sottrarmi ma nel rispetto della sicurezza per la mia salute, oltre che nel rispetto della mia coscienza. Avevo dunque deciso di attendere, rischiando sulla mia persona di essere contagiato. E sempre utilizzando tutte le accortezze con le persone che ho incontrato affinché, eventualmente mi fossi ammalato io di Covid, non scontassero altri la mia scelta. In sintesi direi che non tutto ciò che è tecnicamente possibile possa automaticamente essere considerato giusto”.
E’ possibile, secondo lei, ottenere un vaccino nel giro di un anno?
“I tempi di preparazione di un vaccino richiedono anni. E’ vero che gli studi su questa tipologia di vaccini erano stati avviati già dai tempi della SARS, ma l’urgenza della situazione attuale ha portato ad una compressione dei tempi di produzione di un nuovo prodotto mai prima utilizzato. E questo elemento non si può ignorare. Chi decide di vaccinarsi deve esserne consapevole e consenziente. L’obbligo in questo caso mi appare fuori luogo”.
Non ritiene però che se c’è un obbligo, non ci sia scelta?
“Così vorrebbe la logica. Invece oggi la persona obbligata deve anche firmare un consenso formale: un controsenso, appunto. Se le autorità di governo decidono di percorrere la strada dell’obbligatorietà, ora con i sanitari, domani con chi decidessero opportuno, devono assumersene le relative responsabilità politiche. Ma perché parlare di consenso se non c’é scelta? La partita in gioco è importante, ma rimango dell’idea che consapevolezza e libertà di scelta siano elementi irrinunciabili. Aggiungo che li ritengo elementi chiave proprio per vincere una partita tutt’altro che semplice”.
Siamo tuttavia in una situazione di emergenza, quindi alcune scelte vengono prese nella logica della salute pubblica…
“Le contraddizioni non giovano alla salute pubblica. L’incertezza e le contraddizioni minano la tenuta di un popolo che deve affrontare i tempi difficili che conosciamo. A queste si aggiungono le false sicurezze ed i comportamenti leggeri di chi pensa o spera che il discorso sia terminato con il solo vaccino. Questi sono elementi di valenza politica”.
Quale valenza politica?
“Uno dei caposaldi della legge sull’obbligo vaccinale è già in crisi, ossia il principio in base al quale il vaccinato è persona sicura per sé stessa e per la comunità mentre il non vaccinato sarebbe persona che può portare danno a sé stesso e alla comunità. In questi giorni ci sono sempre più positivi anche tra le persone vaccinate. Dunque essere vaccinati non significa che quelle persone non possano essere ugualmente portatrici potenziale di virus. A questo punto se la legge sull’obbligo vaccinale non viene rivista c’è da pensare che le ragioni possano essere differenti”.
Secondo lei, quindi, come si contrasta il virus?
“Consapevolezza, coscienza e rispetto per gli altri oltre che per se stessi. L’uso dei mezzi e delle attenzioni che tutti ormai abbiamo imparato ad usare. Senza mai dimenticare il buon senso, che non può essere sostituito da nessun protocollo. Le stesse accortezze che si usano quando si avvicina un ammalato”.
Molti dicono però che non ci sono altri strumenti…
“E’ una affermazione datata. Tutti i medici oggi affrontano i casi di covid con farmaci che l’esperienza ha dimostrato utili fin dalle prime fasi della malattia. Lo stesso dicasi sul fronte delle terapie ospedaliere per i casi più importanti. Nel complesso l’approccio al malato covid oggi è più consapevole ed efficace di come era due anni fa”.
Si definirebbe un cosiddetto “No vax”?
“Non esistono i “no vax”. Esistono invece persone che hanno dubbi e perplessità e devono poterli manifestare”.
Non crede però che, in fin dei conti, non ci sia emergenza senza obblighi conseguenti e quello del vaccino sia soltanto uno di questi e di possibili altri a venire?
“Perché allora deve essere solo per alcune categorie e non per tutta la popolazione?”
Alla fine però, anche se non si è obbligati, ma non si ha il green pass, tutta una serie di luoghi e locali non si possono frequentare lo stesso. Così come non si può partecipare a tutta una serie di eventi culturali e politici…
“Questo è un tema posto recentemente da più parti. L’impressione è che il green pass stesso sia di fatto un obbligo vaccinale mascherato”.
Cosa pensa leggendo o ascoltando alcuni mass media e giornali che puntano il dito contro chi non si è vaccinato?
“Rimango allibito. Si vedono personalità politiche o scientifiche che fanno dichiarazioni violente nei confronti di chi non si vaccina. Propongono l’equivalenza tra non vaccinati e untori. Vorrei porre loro la domanda da loro stessi coniata: è una affermazione scientificamente corretta? Su molti giornali gli atteggiamenti sono sempre più violenti e deridenti. Anche nei confronti di chi non si è vaccinato ed è morto. Un atteggiamento durissimo e oltraggioso sposato pure da testate che fino a poco tempo fa si definivano giornali democratici. Servirebbe molta più prudenza. Con i dati e i numeri si può dire di tutto. E il problema è come vengono letti o interpretati per valutare bene la situazione. Sbagliare può portare alla confusione. La cosa che però dispiace più di tutte è vedere che quasi ogni discussione che ne esce è basata su criteri campanilistici piuttosto che su criteri oggettivi, razionali, ragionati. Ho visto molte trasmissioni dove le posizioni di chi aveva espresso dubbi in merito ai vaccini venivano stracciate con la derisione. Ed è una cosa molto sgradevole perché dove c’è derisione, per lo più non c’è argomento”.
Cosa ne pensa del green pass?
“Riprendendo il tema delle contraddizioni devo dire che il green pass ne è intriso. Basta entrare in un bar per chiedere un caffè e se ne fa esperienza diretta. Non ho simpatia per il green pass e per i criteri con cui viene rilasciato. Ho dovuto rilasciarne anche io quando facevo il medico e a volte sono rimasto stupito per quello che ho visto. La sostanza rimane il fatto che chi ne è in possesso può comunque entrare nuovamente in contatto con il virus ed esserne portatore. Senza considerare gli aspetti inutilmente discriminatori che questo lasciapassare comporta. Lo ritengo uno strumento da abolire”.
Se un suo assistito le dovesse chiedere consiglio su fare o no il vaccino, lei cosa risponderebbe?
“Non glielo dico. Lo informo semplicemente sulle caratteristiche del vaccino, gli faccio presente la relazione con il suo stato di salute, ma la scelta ultima deve restare del paziente”.
E se le chiedesse: “Dottore, il vaccino è la soluzione al problema del Covid oppure no?”
“Gli risponderei che non è la soluzione unica al problema. Ma questo è all’evidenza dei fatti. Infatti il vaccino deve essere associato a norme comportamentali ben precise nonché ai trattamenti terapeutici di vario livello. Da quelli domestici a quelli ospedalieri. Il vaccino è uno degli strumenti che sta nelle mani dei medici, del personale sanitario e delle autorità politiche. Però non è l’arma unica e nemmeno mi aspetto possa essere la definitiva soluzione al problema”.
Il Covid secondo lei è una malattia pericolosa da determinare un’emergenza nazionale che va avanti da due anni oppure no?
“Il Covid l’ho visto direttamente con i miei occhi come hanno fatto tutti i medici e molte altre persone. Il Covid è una malattia importante, con caratteriste camaleontiche che sanno sorprendere. Ma la gravità supplementare è il suo grande impatto sulla società. E anche questo è sotto gli occhi di tutti”.
Asl a parte, le sue dichiarazioni come sono state prese dai suoi amici, familiari e dal giro di persone che frequenta?
“Ho avuto tanti riscontri, anche da parte di persone che non conoscevo. E nella gran parte sono stati messaggi di amicizia e di calore. Qualcuno dissenziente, ma nella gran parte, e le persone sono state tante, hanno partecipato all’empatia del tema. E questo proprio perché molta gente è dubbiosa ed emarginata, isolata nel proprio ambiente di lavoro e talvolta anche dentro la propria famiglia. Scoprire che in modo pubblico c’era qualcuno che condivideva queste perplessità, le ha fatte sentire più comprese e molte hanno tenuto a farmelo sapere. E vorrebbero che di questi temi si parlasse in maniera più ampia senza essere stretti nel binomio vaccino sì, vaccino no. Un forte desiderio di informazione e scarsità di reale conoscenza rispetto al vaccino che andavano a fare”.
Tra le persone che l’hanno chiamata c’erano anche colleghi medici?
“Sì, alcuni”.
Esprimendole solidarietà?
“Le persone che si sono affacciate con me hanno espresso soprattutto consenso. Non tutti. Ci sono stati anche colleghi che hanno apprezzato l’iniziativa sottolineando però il loro dissenso sull’argomento. Ma questo è bello perché fa parte del confronto tematico e non dell’ostilità”.
Ora che è stato sospeso dall’esercizio della professione medica ed obbligato a vaccinarsi per tornare a lavorare e percepire uno stipendio, lei cosa farà?
“La legge prevede due possibilità: la vaccinazione che in qualsiasi momento interrompe la sospensione, e una scadenza temporale che è quella della campagna vaccinale oppure non oltre il 31 dicembre di quest’anno, quando dovrebbe terminare l’emergenza. Anche se mi aspetto che sia prorogata. Deciderò comunque strada facendo”.
Qualche giorno fa è stata pubblicata da Tuscia web la lettera di una persona che poneva alcuni temi. In particolare chiedeva se alcuni spunti del suo intervento fossero scientificamente confermati. Lei cosa risponde?
“A questa persona io avevo già scritto personalmente una email offrendole tutti gli elementi utili per verificare che le mie affermazioni sono scientificamente valide. Affermazioni che confermo anche in questa sede”.
Perché non ha preso parte alle manifestazioni contro il green pass gli scorsi tre sabati in piazza del comune a Viterbo?
“Perché ho avuto impegni differenti e perché il mondo delle persone contrarie o non favorevoli al vaccino è ampio. Conosco alcuni dei partecipanti e ne ho stima, ma partecipare alle manifestazioni cozza con la mia indole e ho resistenza a farlo. Tuttavia apprezzo chi vuole portare in piazza il proprio pensiero e ne sono felice. Sarò comunque sabato in piazza del Sacrario a partecipare alla raccolta di firme contro il green pass”.
Un’ultima domanda. Come ne esce da tutta questa vicenda? E non parlo solo della scelta di non vaccinarsi, ma anche del fatto che lei è medico ed è stato tra i primi a trovarsi di fronte al problema del Covid…
“Sono due anni che io, come tanti altri, medici e cittadini, abbiamo stravolto le nostre giornate. I tempi di lavoro si sono raddoppiati e le persone che hanno nuove esigenze, legate alle restrizioni e all’isolamento sociale, sono sempre di più. Siamo vittime di un virus e della paura, che non sempre è generata dal virus. Abbiamo bisogno di spezzare questo accerchiamento. E intervenire sul tema, scrivendo apertamente a Tuscia web, nasce da questo”.
Daniele Camilli
– Luca Torquati: “Sono un medico, non mi sono vaccinato e continuo la mia attività…”
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