Viterbo – In una società e in una cultura che non solo è esposta al giudizio altrui, ma si espone volutamente al giudizio altrui utilizzando i media di massa, nessuno può aspettarsi di essere esentato da critiche e strumentalizzazioni varie. E’ un po’ come chiedere di giocare a rugby e pretendere di non subire placcaggi.
Viterbo – Francesco Mattioli
Per il sociologo, allora, diventa quasi un dovere per così dire “deontologico” intervenire a dare una valutazione, se non nel merito, certo nelle origini e nelle conseguenze di certi “fatti sociali” come una qualsivoglia comunicazione/esternazione individuale che abbia riscontri di valore sociale, culturale e quindi “politico”, pur nel senso più nobile del termine.
Non farò nomi, perché non voglio innescare dibattiti ad personam. Accennerò a due fatti diversi fra loro, seppur con qualche labile matrice culturale comune.
Il primo è eclatante. L’atteggiamento di certi medici contrari ai vaccini anti-Covid che tuttavia esercitano, o vogliono esercitare, la loro nobile professione.
Ci sono al fondo almeno un paio di motivi per quest’atteggiamento di insofferenza.
C’è un motivo di natura scientifica, che nasce dal dubbio sull’origine dei vaccini adottati, sulle loro conseguenze, sulla loro reale efficacia, insomma sembrerebbe una argomentazione “esperta”.
Non lo è.
Non sono un medico, né un virologo, ma sono un sociologo della scienza e certe argomentazioni mi suonano fasulle e contraddittorie.
Lasciamo stare il giuramento di Ippocrate, che ognuno interpreta pro domo sua. Ma che la scienza progredisca al servizio dell’uomo attraverso una messa in comune e una collettivizzazione del sapere è condizione indispensabile perché possa differenziarsi dall’opinione e dall’arbitrio di taluni; e questo significa che l’accordo del 95% della comunità scientifica fa aggio sulle eccezioni di pochi.
Inoltre, è altrettanto vero che la scienza, pur negli inevitabili condizionamenti socioeconomici, si muova secondo una logica sperimentale che attraverso prove ed errori le garantisce di giungere ai migliori risultati possibili in un dato momento. Pensare a un cartello multinazionale che opera solo per far quattrini a spese della salute umana è un modo di distorcere una prassi che è normale in una società industriale avanzata di tipo liberale e liberistico e diventa complottismo d’accatto.
Che infine i vaccini provengano da meccanismi innaturali e potenzialmente pericolosi è un falso: un filamento di Rna artificialmente sintetizzato è un prodotto dell’ingegneria genetica, e come tale un successo della scienza, non una pozione velenosa elaborata da uno stregone della foresta. Senza contare peraltro che, accanto ai sintetici, di vaccini derivati dagli animali o dall’uomo è piena la storia della scienza e della lotta a certe malattie oggi sconfitte (il nome di vaccino peraltro viene dai bovini ammalati usati da Jenner contro il vaiolo).
Il secondo motivo d’insofferenza ai vaccini anti-Covid riguarda la libertà e su questo occorre essere chiari: la libertà ha valore solo se si coniuga con la responsabilità, altrimenti è licenza dell’uomo–lupo hobbesiano.
C’è chi evoca le dittature. Vedo che lo fa a singhiozzo, viste certe preferenze verso chi di dittature se ne intende… Come a singhiozzo evoca la libertà: no mascherine, no greenpass, no vaccini, ma per carità che nessuno sia libero di fuggire la povertà e la morte presentandosi sulle nostre coste.
Brutta bestia la libertà, se la intendi troppo a modo tuo.
Diciamo invece che, poiché i centomila morti in più (sottolineo: in più) del 2020 sono da addebitare al Covid-19, è dovere sociale di chi appartiene al consorzio civile contribuire a combattere una pandemia anche attraverso la propria vaccinazione; tutto il resto è fuffa individualista e autoreferenziale, specie se operi in politica o nella sanità, quindi al servizio esplicito della comunità.
Veniamo a un secondo fatto: la citazione del pensiero di certi personaggi.
Sono convinto che ci sia del buono in ciascuno di noi, ma poi nel nostro pensiero e, soprattutto, fra il nostro pensiero e i nostri comportamenti sorgono contraddizioni che annullano le distanze tra idee buone e idee cattive. La storia è veramente piena di stragisti che erano amorevoli padri di famiglia, di pii religiosi che sventravano la gente in nome di Dio, di sanguinari dittatori che si percuotevano dolorosamente il petto prima di autoassolversi in nome di una missione più grande.
Quanti bei pensieri sono stati elaborati dagli individui nel corso della storia. Ma poi c’è stato sempre un seguito coerente? Il poeta, l’artista, il filosofo, il riformatore hanno sempre vissuto nella lettera e nello spirito delle proprie opere?
Certamente no. Quindi, poiché di belle parole è pieno il nostro mondo, forse sarebbe più saggio citare e commemorare quelle di chi, nei fatti, è stato coerente con quelle idee e, se si sentiva contrito da colpe ed errori, ha saputo cambiare la propria storia.
Bello l’intento di salvare il mondo, malgrado i corrotti, i cinici, le rovine morali e le nostre colpe; sempre che per far questo non sembrino utili e necessari la tirannide e l’antiparlamentarismo, il razzismo e la xenofobia, la violenza e la guerra. Meglio cercare di conoscere l’animo umano, i limiti e le promesse del proprio pensiero, migliorando le relazioni tra le persone e tra i popoli, isolando i violenti e i malvagi, creando una società più giusta e comprensiva.
Tra l’altro, si legge anche nel Vangelo: il libro più tradito nella storia, a meno che il comandamento più importate che propone, “amarsi l’un l’altro”, non preveda anche di usare la forza del bastone purché si realizzi. Del che, mi permetto di dubitare.
Francesco Mattioli
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