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Carcere - La difesa chiede il differimento della pena - Il tribunale di sorveglianza dice no - La cassazione annulla con rinvio il provvedimento

“Boss mafioso in carrozzina, troppo lungo lo stop alle cure per il Covid”

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Viterbo – (sil.co.) – Boss mafioso in carrozzina al 41 bis, troppo lungo lo stop alla fisioterapia a  causa del Covid e nessuna risposta alla richiesta di poter rendere possibili pratiche di procreazione assistita.

La cassazione annulla con rinvio il provvedimento con cui, il 20 marzo 2020, il tribunale di sorveglianza ha rigettato, per la seconda volta in due anni, l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena per motivi di salute. Nel frattempo ci si è messa di mezzo anche la pandemia. 

La suprema corte è tornata lo scorso 9 dicembre sulla vicenda della detenzione in regime di carcere duro a Mammagialla di Vincenzo Salvatore Santapaola, 52 anni, da sedici in carrozzina dopo un incidente in moto e affetto da una forma grave di pancreatite. 

Il figlio primogenito di Nitto, l’ottantenne padrino di Catania, sta scontando in una cella appositamente realizzata per portatori di handicap del carcere di massima sicurezza di Viterbo una condanna definitiva a 18 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso, con fine pena il 17 settembre 2029. La difesa ha più volte chiesto il differimento dell’esecuzione della pena.


Vincenzo Santapaola

Vincenzo Santapaola


Nell’ultimo ricorso, discusso il 9 dicembre 2020 dagli ermellini, il difensore Francesco Strano Tagliareni, lamentava, oltre alle problematiche legate alla grave infermità fisica, anche la mancata risposta alla “richiesta di approfondimenti diagnostici e specialistici al fine di verificare la possibilità per Santapaola di accedere a pratiche di procreazione assistita”.

Adesso sono uscite le motivazioni per cui la suprema corte ha considerato fondato, per la seconda volta in due anni, il ricorso della difesa.

Il tribunale di sorveglianza, in sostanza, non si sarebbe uniformato al principio enunciato nel 2019 dalla corte di cassazione, secondo cui non era stata verificata la fattibilità del trattamento fisioterapico suggerito dal consulente fisiatra presso una struttura attrezzata specificamente e, a fronte dell’inadeguatezza dell’offerta terapeutica in istituto, non ha rimosso la condizione carceraria affidando all’autorità amministrativa il compito di individuare una diversa struttura idonea. 

Quindi il nodo della pandemia: “Pur avendo constatato l’impossibilità di eseguire al momento anche la fisioterapia manuale a causa dell’emergenza Covid, il tribunale ha considerato rimediabile la conclamata gravità dello stato di salute attraverso il regime detentivo”.

“Ma la valutazione della gravità delle condizioni di salute del detenuto e della conseguente incompatibilità col regime carcerario – avverte la suprema corte – deve essere effettuata sia in astratto, sia in concreto, con riferimento alla possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle terapie di cui egli necessita”. 


Il carcere di Mammagialla

Il carcere di Mammagialla


“Illogica la motivazione adottata dal tribunale di sorveglianza, che afferma l’adeguatezza in astratto di cure, che nel contempo ammette non possano effettuarsi in concreto, a causa della nota e prolungata situazione di epidemia pandemica”.

E ancora: “Anche il dirigente sanitario della struttura ove è ristretto il ricorrente, come riconosce anche il tribunale di sorveglianza, ha concluso per due volte circa l’assoluta incompatibilità delle condizioni di salute col regime carcerario”.

Infine: “Deve aversi riguardo ad ogni stato morboso o scadimento fisico capace di determinare una situazione di esistenza al di sotto di una soglia di dignità da rispettarsi pure nella  condizione di restrizione carceraria, e quindi anche alla mancanza di cure mediche appropriate”. 


Articoli: Boss su sedia a rotelle chiede stop al carcere duro e procreazione assistita – Cure inadeguate per il boss al carcere duro, la cassazione chiede di riesaminare il caso

 


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3 maggio, 2021

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