Ronciglione – (sil.co.) – Impugnando una pistola, minaccia la ex: “Fatti la croce, perché per me sei un morto che cammina”.
“La pistola è una pistola giocattolo che mi ha regalato lei e anche le tre foto in cui impugno l’arma me le ha scattate lei”. E’ finita in tribunale la fine burrascosa di una relazione tra una coppia di ultraquarantenni.
Si è difeso così, rilasciando spontanee dichiarazioni, un cinquantenne di Ronciglione accusato di minacce da una 44enne del posto, a processo davanti al giudice Francesco Rigato.
E’ successo ieri nel corso dell’ultima udienza quando l’imputato, difeso dall’avvocato Paolo Delle Monache, ha fornito in aula la sua versione del perché abbia inviato una serie di messaggi WhatsApp nonché tre foto alla presunta vittima che, a detta sua, avrebbe “sparlato” di lui con un carabiniere.
Erano i giorni del weekend lungo dell’Immacolata del 2017. Nei messaggi finiti nel fascicolo del processo, accompagnati da tre foto in cui l’imputato impugna una pistola, si leggono minacce pesanti: “I miei occhi sono spenti e lo rimarranno finché non vedrò cadaveri davanti a me”, “Ho solo voglia di uccidere nel vero senso della parola”, “Fiero di essere un delinquente”, “Pagherai come un’infame”, “Mio scopo è rovinarti”, “Fatti la croce perché per me sei Umcc (acronimo di ‘un morto che cammina’, ndr)”.
“Non ricordavo nemmeno le fotografie e comunque la pistola è una pistola giocattolo ed è un suo regalo. Anche le foto me le ha scattate lei”, ha detto il cinquantenne al giudice, rilasciando spontanee dichiarazioni.
“Il problema è che lei, a mia insaputa, ha preso informazioni sul mio conto da un carabiniere, che le ha riferito di certe mie pendenze penali, anche se non sono stato mai condannato. Siccome temeva che denunciassi sia lei che il carabiniere con cui aveva parlato di me, allora si è inventata le minacce, allo scopo di screditarmi. Ancora oggi su Facebook continua a infamarmi, ma per me è una storia finita, chiusa, lei era troppo gelosa”.
L’avvocato Paolo Delle Monache
La difesa ha fatto notare come la problematica sia sorta a causa della fuga di notizie relative alle pendenze giudiziarie del suo assistito.
Lo stesso pubblico ministero ha chiesto una condanna mite, a un mese di reclusione, sottolineando però come nulla cambi ai fini del reato se è stata lei a regalargli la pistola delle foto allegate ai messaggi di minacce.
Il giudice ha concordato, condannando il cinquantenne a un mese e concedendo all’imputato la sospensione della pena.
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