Viterbo – Dipinti rubati in vendita alla casa d’aste: quelli contesi tra vittime di furti e acquirenti sono tuttora custoditi nel caveau dei carabinieri. Sono stati invece restituiti al convento di Sant’Angelo di Vetralla i due dipinti rubati nel 2002 per un valore di oltre centomila euro.
Intanto sono sfilati antiquari, restauratori e collezionisti. E’ripreso così ieri davanti al giudice Roberto Colonnello il processo alla coppia di antiquari-restauratori romani accusati di ricettazione dopo il ritrovamento delle tele presso una casa d’aste di Vignanello che aveva ricevuto mandato di vendita dagli imputati.
Le due opere rubate nottetempo nel 2002 ai frati sono state recuperate alla fine del 2016 dai carabinieri, che nel corso delle indagini hanno rinvenuto molti altri dipinti di provenienza illecita.
Vetralla – Il convento di Sant’Angelo
Anche i religiosi al blitz presso la casa d’aste
Il valore sul mercato delle opere dei passionisti è stato stimato in oltre centomila euro. Sono due dipinti raffiguranti “San Michele Arcangelo” e la “Madonna con Bambino”, attribuita al pittore Tommaso Conca, importante figura artistica del XVIII secolo.
Lo scorso 23 aprile è stato sentito, in quanto parte offesa, padre Adolfo Lippi, il quale ha spiegato come il ritrovamento dopo ben 14 anni, sia avvenuto grazie a un collezionista del posto. “Un commerciante che ha un negozio di abbigliamento a Vetralla – ha detto il religioso – il quale ha riconosciuto i due dipinti trafugati sul volantino della casa d’aste, che abbiamo consegnato ai carabinieri del comando tutela patrimonio culturale di Roma”.
Ieri ha testimoniato don Luigi, sacerdote del convento e parroco del paese da 30 anni, tra i primi ad accorgersi del furto. Anche lui, assieme al restauratore che aveva operato sui dipinti negli anni ’80, ha preso parte al blitz del 2 dicembre 2016 a Vignanello, quando i carabinieri del nucleo Tpc coi colleghi della stazione di Vetralla, oltre a sequestrare il “tesoro” dei passionisti, hanno filmato e fotografato gli altri “lotti” messi a confronto con le denunce presenti nell’apposita banca dati, da cui è emersa molta altra “refurtiva” riconducibile agli imputati, presso la cui abitazione e laboratorio di restauro sono state effettuate due perquisizioni il 6 febbraio e il 26 maggio 2017, seguite da ulteriori sequestri delle opere nel frattempo vendute a casa degli acquirenti.
Le opere rubate a Vetralla in bella mostra sul volantino
Tra i testimoni il titolare della casa d’aste Eurantico di Vignanello, Pietro Stefani, anche lui del posto, che ha spiegato come avesse ricevuto mandato dall’imputato, fratello di uno dei maggiori restauratori di ceramiche d’Italia.
“L’antiquario-restauratore romano mi chiamò nel suo laboratorio e mi disse che aveva dei dipinti da vendere, in previsione di spese che doveva affrontare per sottoporsi a un intervento chirurgico. I più interessanti erano le due opere risultate poi rubate a Vetralla, tanto che le mettemmo in bella mostra sui tremila depliant stampati per pubblicizzare l’esposizione per l’asta, in programma dall’8 all’11 dicembre 2016, grazie ai quali sono state riconosciute”, ha detto al giudice.
“Spesso ci vengono affidate eredità, come quella di Gabriella Ferri”, ha aggiunto, illustrando l’attività della casa d’aste viterbese, una delle più note e apprezzate case d’aste italiane, a livello nazionale e internazionale.
A fronte delle opere sequestrate dopo la vendita, Stefani ha risarcito gli acquirenti, anche se alcuni di loro hanno manifestato ieri al giudice la volontà di ri-restituire i soldi in cambio delle tele comprate a suo tempo in buona fede e di cui vorrebbero essere riconosciuti adesso legittimi proprietari.
Vetralla – Il convento di Sant’Angelo
Refurtiva contesa tra vittime di furto e acquirenti in buona fede
Decine le vittime di furti commessi prevalentemente nella capitale cui il maltolto è stato restituito.Si è invece costituito parte civile, con l’avvocato Maria Cristina Calamani, un docente universitario romano cui sono stati rubati due quadri fiamminghi, ritrovati ma tuttora sotto sequestro presso il caveau del nucleo carabinieri tutela patrimonio culturale di Roma, “contesi” tra la vittima del furto e gli acquirenti che, avendoli comprati in buona fede, vorrebbero tenerli.
“Sono stati venduti a 1200 e 1400 euro, quando valgono dieci volte tanto. Il più grosso, che ha un valore attorno ai 15-20mila euro secondo le quotazioni Sotheby’s dell’autore, rappresenta la distribuzione del pane ai poveri. Il più piccolo rappresenta dei cavalieri con le tende da campo”, ha spiegato in aula il professore, che il 23 aprile ha presentato istanza per la restituzione.
Ieri il giudice, a fronte del diniego dei due acquirenti, si è riservato la decisione, non escludendo di rinviare la causa a un giudice civile per la definizione. Lo stesso per un terzo dipinto, rubato a una famiglia dell’aristocrazia romana che, pur non essendosi costituita parte civile, lo rivorrebbe indietro, ma che l’acquirente vorrebbe tenere.
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Il processo riprenderà il prossimo 15 febbraio per sentire altre tre vittime di furti e la figlia degli imputati, testimone della difesa.
Silvana Cortignani
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