Viterbo – È il 31 ottobre del 2017 quando l’estremista islamico Sayfullo Saipov sale a bordo di un pickup bianco e piomba su una pista ciclabile di New York, a pochi metri di distanza dal World Trade Center di Manhattan. Travolge e uccide otto persone, e ne ferisce una dozzina. Semina morte, e la sua corsa omicida finisce con uno schianto contro uno scuolabus fuori da un liceo. È lì che la polizia lo ha neutralizzato. Sparandogli all’addome, mentre Saipov gridava “Allah Akbar”.
“Un altro povero angelo caduto per mano degli infedeli”, scriverà sui social network Denis Illarionov, che al killer di New York inneggiava. Un commento. Un like, sul web, messo a un post sull’attentatore. “Da lì siamo partiti”, spiega il dirigente del servizio antiterrorismo Fabio Berrilli allertato da una segnalazione dell’Fbi. “Poi l’arresto”. Perché Denis Illarionov, 24 anni il prossimo 8 giugno, da lunedì mattina è rinchiuso nel carcere di Mammaggialla. Da quando Digos, unità cinofile antisabotaggio, specialisti della polizia postale e artificieri gli sono piombati in casa, in via Zuccari a Bagnaia, trovandolo con esplosivi, pistole, fucili e tirapugni. “È pericoloso, ma non è un terrorista. Né risulta avere collegamenti con l’Isis”, puntualizza il questore di Viterbo Lorenzo Suraci. Ma è “su giovani come Denis Illarionov che l’Isis sta cercando di far attecchire la propria propaganda”, aggiunge il primo dirigente Berrilli.
Un potenziale emulatore, che sui social network, celandosi dietro al nickname papa_maialetto_xvi, tuonava: “È ora di ammazzare i bambini dell’asilo. School shooting”. Ovvero, sparatoria a scuola. Immortalandosi in una foto, poi caricata su Instagram, mentre impugna una pistola. O mentre stringe ordigni esplosivi. “Nitrato di potassio puro – scrive -. Roba che ti spedisce sulla luna”. Perché il nitrato “è considerato un precursore di esplosivo”, spiega la dirigente della Digos di Viterbo Monia Morelli. In casa gliene hanno trovati tre chili, ora sottoposti ad analisi chimiche.
Ma quei social network erano anche pieni zeppi di commenti e immagini blasfeme. Vignette che ritraggono bambini fatti saltare in aria. Kid, explosion, gore, Isis, kill, death, terrorist, Allah Akbar, gli hashtag più frequenti. E su Youtube un video che mostra come fare-in-casa razzi dell’Isis, con le immagini che si intrecciano ai razzi fatti saltare in aria in città della Siria o dell’Iraq al grido di “Allah Akbar”. E in sottofondo “My Ummah, dawn has appeared” (Mia umma – la comunità di fedeli musulmani -, l’alba è arrivata), l’inno nazionale dello stato islamico.
Foto, filmati e vignette che Denis Illarionov ha caricato sul web dalla sua abitazione. Perché quel 24enne italiano di origini lettoni residente nel Viterbese da sedici anni, “non aveva alcuna relazione sociale. Dalla collettività era isolato, preferendo vivere chiuso in casa davanti al pc”. I suoi movimenti gli agenti della Digos li hanno studiati al secondo, perché per venti giorni si sono appostati difronte al suo appartamento. “Usciva solo per andare a comprare le sigarette”, sottolinea la dirigente Morelli.
Un tipo insospettabile se non avesse inneggiato a Sayfullo Saipov. Perché Denis Illarionov “non si era mai evidenziato prima sotto il profilo politico\religioso”. Nel suo passato solo una denuncia per minacce a sfondo economico, che l’estate scorsa lo ha fatto finire in questura. E problemi economici Illarionov li aveva. “La sua situazione era precaria – puntualizza Morelli -. Sopravviveva con i seicento euro al mese che la madre gli mandava dalla Germania, dove si è trasferita”. E da un anno Illarionov, a Bagnaia, viveva da solo. Nato a Riga, capitale della Lettonia, l’8 giugno del ’94, arriva in Italia nell’estate del 2002 per raggiungere la mamma che, separatasi dal marito, aveva sposato un italiano ottenendone la cittadinanza. Con la madre vive in un paese della provincia di Viterbo, e per affiliazione anche lui ottiene la cittadinanza. E in Italia Illarionov studia. Studi che si interromperanno al secondo anno di ragioneria. Ed è nel 2010, quando la madre si separerà dal secondo marito, che il 24enne si trasferisce a Bagnaia.
Lì la polizia lo ha arrestato. Tra lo “stupore” di Illarionov che, “inconsapevole di ciò che gli stava accadendo, non ha opposto resistenza” mostrandosi “tranquillo e collaborativo” agli occhi degli agenti. Le manette sono scattate all’esito di un’indagine lampo, ma anche ad alto rischio. Un’indagine che la Digos di Viterbo, coordinata dal procuratore Paolo Auriemma e dal sostituto Franco Pacifici, ha condotto in sordina. Non solo per scongiurare il pericolo che Denis si desse alla fuga, ma soprattutto per evitare che, sentendosi braccato ed essendo in possesso di esplosivi, potesse architettare qualche attentato. Magari facendo saltare in aria quell’ordigno rudimentale a cui aveva incollato una settantina di monete, che “con la deflagrazione – sottolinea la dirigente Morelli – avrebbero potuto aumentare la sua potenzialità offensiva”.
Ma le indagini, dopo che il gip Savina Poli ha convalidato l’arresto, proseguono. E proseguono serrate. Soprattutto con interrogatori. Perché anche se Illarionov era un giovane solitario, che conduceva una vita isolata e riservata, non è escluso che a Viterbo e provincia non conoscesse nessuno. Anche perché, seppur attualmente disoccupato, fino a qualche mese fa aveva lavorato per una ditta edile del capoluogo. E poi andranno passati al setaccio pc, cellulari e apparecchiature informatiche. Gli inquirenti vogliono accertare altre eventuali ipotesi di reato. Perché Denis ora è in carcere per fabbricazione e detenzione di materie esplodenti.
Raffaele Strocchia
Presunzione di innocenza
Per indagato si intende semplicemente una persona nei confronti della quale vengono svolte indagini preliminari in un procedimento penale.
Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.
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