Civitavecchia – Due milioni di metri quadrati e duemila anni di storia. Trentaquattro attracchi e 16 chilometri di accosti, con pescaggi fino a 18 metri di profondità. Oggi però il porto di Civitavecchia, primo porto crocieristico in Italia e secondo in Europa, è fermo. Come un ricovero per le balene. In attesa che passi la tempesta della pandemia. Una dozzina le navi da crociera al largo delle coste del porto fondato da Traiano nel 108 d.C., come ingresso a Roma. Per secoli al centro di contatti e scambi tra popoli. Adesso metafora di una città di 50 mila abitanti affacciati sul mar Tirreno che con il Covid sta vivendo una vera e propria paralisi economica e occupazionale che nel medio periodo, così temono sindacati e comitati, rischia di diventare anche sociale.
Civitavecchia – Il porto
“Le navi sono ferme al porto perché è ferma l’attività croceristica – dice subito il sindaco di Civitavecchia, Ernesto Tedesco -. Civitavecchia vive la sosta di queste città galleggianti per colpa di una pandemia che non consente di far ripartire a pieno ritmo un’attività turistica ed economica di grande importanza. E purtroppo dovremo vedere questa cosa ancora per molto. Prima che il traffico crocieristico possa ripartire in sicurezza”. E le difficoltà non sono poche, in un contesto in cui, a mala pena, ristoranti e attività commerciali potranno riaprire i battenti soltanto a fine aprile. Continuando però a non avere quel traffico turistico dovuto alle crociere e che nel 2019 aveva raggiunto la cifra record, come sta scritto sul sito internet dell’autorità di sistema portuale del mar Tirreno centro settentrionale, di 2,6 milioni di persone transitate per lo scalo.
“Cifra che, secondo le previsioni – spiegava il sito dell’autorità prima del Covid – crescerà anche nel 2020 e negli anni successivi. Ma il dato significativo riguarda l’affermazione di Civitavecchia come home port. Nel 2019, infatti, si è superato, per la prima volta, il milione di crocieristi in cosiddetto turn around e ciò ha comportato ulteriori vantaggi visto il maggiore indotto prodotto dagli sbarchi/imbarchi rispetto ai semplici transiti di passeggeri. Anche in prospettiva futura, quindi, si tratta di un segnale positivo per l’economia della città e del territorio poiché i crocieristi che decideranno di partire e concludere la crociera nel porto di Roma potrebbero trattenersi qualche giorno in più per visitare le innumerevoli bellezze naturali e storico- artistiche circostanti contribuendo, così, al rilancio delle attività commerciali del territorio”.
Non solo, ma è prevista anche un’apertura a sud del porto di Civitavecchia. “Entro un paio di anni – spiega on line l’autorità di sistema portuale -. La riapertura di un accesso già esistente in passato porterà alla nascita di ‘due porti’, uno per navi da diporto e maxi yacht ed un altro, più grande ed esteso verso nord, che continuerà a servire le navi da crociera, i traghetti e le navi commerciali. L’obiettivo principale, infatti, è quello di operare la separazione tra porto storico e porto commerciale con conseguente recupero dei valori storici, culturali e archeologici del porto di Traiano”.
Navi da crociera al largo di Civitavecchia
“Il blocco delle crociere – dice il segretario generale della Uil di Civitavecchia e Viterbo, Giancarlo Turchetti – sta causando conseguenze importanti sotto due punti di vista. Il primo è quello turistico ed economico. Il secondo è invece ambientale. Problemi che si ricollegano poi a questioni più strutturali, come l’assenza di elettrificazione del porto e il mancato completamento di infrastrutture decisive. Il tutto all’interno di un territorio caratterizzato da una disoccupazione cronica e che, nel giro di pochi anni, assisterà anche al passaggio delle due centrali a carbone verso il turbogas, così come prevedono appunto Enel e Tirreno Power. “Un territorio – sottolinea Turchetti – che non ha sviluppato altre potenzialità. Potenzialità enormi”.
Civitavecchia – Il sindaco Ernesto Tedesco
“Civitavecchia è un territorio bellissimo – racconta infatti Maurizio Rocchi del comitato Sole -. Ha un mare stupendo. Le colline dei monti della Tolfa, Tarquinia con le tombe etrusche e la Tuscia a un passo”. Così come quasi tutto il resto della regione. Un comune dell’area metropolitana romana risalente al periodo etrusco che il sindaco Tedesco, così come aveva dichiarato qualche mese fa, vorrebbe staccare dalla capitale per unirlo alla provincia di Viterbo. Rimproverando a Roma di fare scelte senza coinvolgere Civitavecchia. Cosa che per il sindaco non sarebbe più tollerabile. Una città che, in passato altalenante tra centro e sinistra, con i sindacati fortissimi al porto, dopo la parentesi grillina del sindaco Antonio Cozzolino con Tedesco è passata al centrodestra. Un sindaco sostenuto alle elezioni da Unione di centro-Polo civico, Lega Salvini, Forza Italia, lista Tedesco sindaco, Lista Grasso #la Svolta e Fratelli d’Italia.
Civitavecchia – Giancarlo Turchetti della Uil
Navi da crociera ferme al porto. Primo problema. I turisti non ci sono più da un anno. Rappresentavano, e rappresentano, una delle fonti economiche più importanti, se non la più importante. Dato che l’aspetto del porto legato alle merci, negli anni non sarebbe stato sviluppato. Non solo, ma quando ristoranti e attività commerciali riapriranno a fine aprile, le crociere non saranno ancora ripartite. E vivere con gli stipendi dei soli abitanti di Civitavecchia è veramente difficile. Considerato poi che la disoccupazione, da queste parti, è molto simile a quella della Tuscia. “Circa il 13% quella generale – dice Turchetti -, ben oltre il 40, quella giovanile. I guadagni dei lavoratori poi si sono ridotti, così il loro potere d’acquisto. Il Covid ha semplicemente dato il colpo di grazia, con le casse integrazioni e i possibili licenziamenti che potrebbero arrivare una volta che il governo deciderà di togliere il blocco”.
Civitavecchia – La centrale di Torrevaldaliga sud
Il porto di Civitavecchia è il primo porto italiano per navi da crociera ospitate. Seguito da Trieste, Genova e Napoli. “Le navi da crociera che passano per Civitavecchia – dichiara il sindaco – sono un’ottantina in tutto e appartengono agli armatori più importanti al mondo. Oggi sono ferme al porto circa una dozzina. Un indotto molto importante per la città. I turisti non vanno solo a Roma, ma si fermano a mangiare in città. E quando vanno a Roma e prendono il treno, per tornare attraversano tutto il lungo mare”. La ferrovia che collega Civitavecchia con la capitale sta infatti dall’altro lato della città rispetto al porto.
Una strada per Civitavecchia
Una città che con il tempo si è concentrata attorno al porto, inteso soprattutto come porto crocieristico, e al carbone delle centrali di Torrevaldaliga nord e Torrevaldaliga sud, la prima dell’Enel, cui appartiene anche la centrale di Montalto, la seconda di Tirreno Power. Entrambe le società hanno scelto la transizione dal carbone al turbogas. Cosa che vede la contrarietà di un vero e proprio fronte del no di cui fanno parte comune, sindacati, comitati e organizzazioni artigianali che chiedono invece la transizione delle centrali verso idrogeno, fotovoltaico ed eolico offshore. Una battaglia con ripercussioni occupazionali. “In un territorio – sottolinea il sindacalista Turchetti – che ha invece assoluto bisogno di lavoro. Se ad esempio la centrale di Torrevaldaliga Nord dovesse passare al turbogas, tra dipendenti, lavoratori e indotto, si perderebbero circa mille posti di lavoro. Degli attuali 450 metalmeccanici ne servirebbero soltanto una quarantina. Se invece sviluppassimo un discorso alternativo, come chiede tutto quanto il fronte del no, con il solo eolico offshore, anziché perderli, i mille posti di lavoro potremmo addirittura crearli”.
Oltre al carbone e al porto, a Civitavecchia c’è anche uno degli istituti penitenziari più importanti del Paese, aperto nel 1992. Un carcere che conta 193 mila metri quadrati di superficie e più di 500 detenuti, di cui 300 stranieri (dati 2019 ministero giustizia)
Tralicci per l’elettricità attorno a Civitavecchia
Nel frattempo, però, “la drastica riduzione del carbone che arrivava prima al porto – fa notare Turchetti -, diminuita del 50%, sta ponendo problemi occupazionali anche ai portuali” che, un tempo, all’interno del porto, quando c’erano anche i partiti comunista e socialista, erano una vera e propria potenza. Una città protagonista dei movimenti politici e sociali anche nel dopoguerra. Con i sindacati molto radicati in quartieri dove l’elemento popolare si è sempre intrecciato con le componenti borghesi e impiegatizie. In un rapporto quasi viscerale con il porto e le fabbriche attorno. Comprese la centrale termoelettrica sabotata dai partigiani che si opposero a nazisti e fascisti durante la guerra, e il cementificio in pieno centro urbano. Entrambi chiusi. Sullo sfondo, infine, quando si esce da Civitavecchia, la carcassa imbalsamata del mega yacht mai completato nell’ex Privilege yard.
Un porto, quello di Civitavecchia, che oggi può contare su 2 milioni di metri quadrati di banchine e 34 attracchi operativi da 100 a 400 metri di lunghezza, per oltre 16 chilometri di accosti, pescaggi fino a 18 metri e fondali rocciosi.
Civitavecchia – Maurizio Rocchi del comitato Sole
Maurizio Rocchi fa parte del comitato Sole che da anni si batte per lo sviluppo del territorio e ultimamente è una delle organizzazioni più importanti all’interno del fronte del no al turbogas. Sole, ossia salute, opportunità, lavoro ed ecologia. In un territorio, come quello di Civitavecchia, che ha tassi tumorali tra i più alti in Italia. Rocchi è anche la memoria storia di battaglie portate avanti dai civitavecchiesi nel corso del tempo. Dalla lotta partigiana alla nazionalizzazione dell’energia elettrica con i festeggiamenti in città e nei condomini delle zone popolari. “Perché elettricità – spiega subito Rocchi – significava lavoro e la possibilità di uscire da una condizione di sfruttamento e povertà”.
“Le problematiche sociali di Civitavecchia – aggiunge Rocchi – sono create da una disoccupazione cronica. Dove c’è disoccupazione cronica, albergano la criminalità organizzata, la sub cultura e molti giovani che se ne vanno. Molti dei nostri ragazzi lavorano fuori e vanno a cercare fortuna all’estero”. Un territorio depresso che sta perdendo man mano energia e dove le organizzazioni mafiose hanno ormai messo piede da tempo.
“Il Covid – prosegue Rocchi – non ha fatto altro che accentuare questa situazione di emergenza. Molte attività legate al turismo sono ferme e in sofferenza economica. I costi corrono. Con le spese vive che vanno affrontate ogni giorno. Speriamo di uscirne presto, costruendo anche un futuro diverso”.
Civitavecchia – Stazione dei treni
Il secondo problema delle navi ferme al porto è l’inquinamento. Le navi, per esigenze strutturali, come fa notare Turchetti della Uil, nonostante siano ferme, terrebbero infatti il motore acceso. “E il motore acceso – dice Turchetti – provoca inquinamento”. Cosa che si sarebbe potuta evitare se il porto di Civitavecchia fosse elettrificato. Una situazione che andrebbe anche oltre le stesse possibilità di scelta di istituzioni e armatori che nel frattempo si stanno attrezzando, firmando anche un protocollo col comune.
“L’accensione del motore può creare delle carenze sotto il profilo del rispetto dell’ambiente – spiega il sindaco Tedesco -. Abbiamo però approvato un protocollo con capitaneria, autorità portuale e armatori per abbassare i livelli di inquinamento. Poi non è una cosa facile, perché non abbiamo un porto elettrificato e non tutte le navi sono attrezzate per dare un respiro ambientale nel momento in cui arrivano nella nostra città. Noi monitoriamo. Io faccio segnalazioni sistematiche alla capitaneria di porto, anche su indicazione dei cittadini. Abbiamo inoltre un comandante della capitaneria di porto assolutamente attento e preciso sotto questo aspetto. Quindi il controllo c’è”.
“E’ normale però – prosegue Tedesco – che poi si alimenta una preoccupazione per la presenza delle navi. E non solo quelle da crociera, ma anche i traghetti che svolgono le linee di collegamento con la Sardegna e Barcellona. Ci sono tuttavia degli imprenditori, come Grimaldi, che hanno avuto un grosso senso di responsabilità e hanno realizzato delle navi che quando arrivano a Civitavecchia utilizzano delle batterie al litio”.
Civitavecchia – Navi da crociera ferme al porto
La difficoltà resta comunque “un porto – come ha detto appunto Tedesco – che non è attrezzato sotto il profilo dell’elettrificazione e che subisce un impatto ambientale non corretto. Le navi stesse dovrebbero poi avere una predisposizione ad attraccare in un porto elettrificato”.
Infine i problemi strutturali che riguardano tutto il territorio ripercuotendosi pesantemente sullo sviluppo del porto e della città stessa. Innanzitutto l’assenza di collegamenti. Cosa che ha impedito al porto di conquistare gli scambi commerciali del centro Italia e di conseguenza il mare. Cosa che ha schiacciato Civitavecchia sulla costa. Come una balena, cui il Covid sta togliendo il respiro.
“Tutto questo – sottolinea Turchetti della Uil – si sta verificando perché mancano i collegamenti, cosa che non permette lo sviluppo merceologico. E per creare questi collegamenti, vanno fatte le infrastrutture. Mi riferisco alla trasversale Orte-Civitavecchia e alla ferrovia che collega il porto con Roma. Per quanto riguarda la trasversale, mancano ancora 16 chilometri per completarla. Per quanto riguarda invece la ferrovia manca soltanto l’ultimo miglio, ossia il pezzo che dall’interno del porto fa uscire fuori le merci”.
Opere che aspettano di essere terminate. Come la traversale, iniziata mezzo secolo fa e non ancora ultimata. L’ultimo tratto deve superare lo scoglio del Mignone con le associazioni ambientaliste che stanno portando avanti una battaglia, che potrebbe risultare vincente, per impedire il passaggio del tratto nella valle, vero e proprio patrimonio storico e ambientale.
Civitavecchia – Il mega yacht nell’ex Privilege yard
“Il completamento della trasversale – evidenzia Turchetti -, assieme alla sistemazione e predisposizione per il trasporto merci della ferrovia Capranica-Orte, metterebbe Civitavecchia a diretto contatto con la Tuscia e l’interporto di Orte. E da qui con Mestre e Gorizia, quindi l’Adriatico”.
Trasversale che, secondo il sindaco Ernesto Tedesco, garantirebbe a Civitavecchia “uno slancio e uno sviluppo ulteriori che non riguarderebbero soltanto le crociere ma anche il trasporto delle merci. In collegamento con Orte e una città importante come Viterbo”.
“Il tutto – aggiunge poi Tedesco – all’interno di un’area che vedrebbe Civitavecchia collegata al territorio della Tuscia e di qui all’Adriatico. Una svolta per tutti. Un contesto in cui il porto continuerebbe ad essere un elemento fondamentale”. Una sorta di unione territoriale tra Civitavecchia e la provincia di Viterbo, come proponeva già lo stesso sindaco qualche mese fa.
Civitavecchia – Le torri dell’ex cementificio della città
Infine, il porto di Civitavecchia sconterebbe anche l’assenza di collegamenti con Roma. “I container che servono la capitale – commenta Turchetti – non partono infatti da Civitavecchia, ma da Livorno, Salerno e Napoli. Adesso a Civitavecchia ci sono solo 115 mila container. Potrebbero diventare 300 mila, e tutti quanti pieni, se soltanto il porto servisse Roma”.
Civitavecchia – La ex centrale termoelettrica
Le carenze infrastrutturali per Turchetti impedirebbero, poi, anche lo sviluppo del retroporto, “un’area molto vasta e importante. Con Civitavecchia che sta per diventare Zls, vale a dire zona logistica semplificata. Quest’ultima prevede però soltanto uno snellimento burocratico senza dare alle aziende vantaggi dal punto di vista economico, come ad esempio potrebbe fare un’area di crisi complessa. Per questo motivo, organizzazioni sindacali e parti datoriali stanno cercando di portare avanti il discorso del contratto d’area che, abbinato alla Zls, può dare agevolazioni fiscali alle aziende che vengono ad investire sul territorio”.
Civitavecchia – Il porto e le centrali
“Civitavecchia – conclude Giancarlo Turchetti – dal dopoguerra in poi ha pagato un dazio altissimo. Dal punto di vista occupazionale e ambientale. Settant’anni di costi per un territorio costretto anche all’isolamento. Il blocco delle crociere, dovuto al Covid, in una città che ha investito quasi tutto quello che gli era rimasto sul turismo, è soltanto la spada di Damocle che adesso s’è staccata. Finendo in testa ai cittadini. E’ necessario costruire altri modelli di sviluppo. Modelli di sviluppo economico e sociale alternativi. Per farlo, dobbiamo di nuovo iniziare da capo. Dobbiamo di nuovo riprendere a lottare. Come successo dopo la guerra. Ma questa volta per un futuro diverso”.
Daniele Camilli
Multimedia: Fotogallery: La città – Video: Le navi da crociera al porto – Problematiche e sviluppo del territorio
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