Viterbo – Tutti immigrati e quasi tutti originari dell’Africa subsahariana. Sono i 13 dipendenti costretti a condizioni di vita e di lavoro disumane dai due gestori degli otto impianti di carburante Ewa arrestati con l’accusa di caporalato. Costretti a turni massacranti, lavoravano fino a 12 ore al giorno per tre euro l’ora. I gestori avrebbero fatto leva sulla solita minaccia: “O così o ti licenzio”. E pur di non perdere il posto i benzinai avrebbero accettato anche di alloggiare nei gabbiotti dei distributori.
E’ l’operazione “Petrol Station” della squadra mobile. Non solo braccianti agricoli nei campi, lo sfruttamento del lavoro passa anche dal mondo del commercio.
Dal 18 giugno ai domiciliari, disposti dal gip Savina Poli su richiesta del pm Massimiliano Siddi, gli indagati: sono l’imprenditore Vincenzo Salzillo e il figlio Charles Salvatore Maria Salzillo, 63 anni il primo e 28 anni il secondo. Entrambi finiti già in passato nel mirino della magistratura campana per vicende legate alla catena di distributori di famiglia.
Salzillo senior, originario di Marcianise in provincia di Caserta, il 23 luglio 2020 era stato colpito dalla misura interdittiva della sospensione dalla carica di amministratore della società cui fanno capo tre distributori Ewa di Viterbo e altri cinque sul territorio provinciale, dalla superstrada, a Montefiascone e Canepina.
Un “avvertimento”, come lo hanno definito gli investigatori, che non avrebbe impedito alla coppia di proseguire nell’attività di sfruttamento dei lavoratori. Nessuno degli impianti è stato sequestrato.
Operazione “Petrol Station” – La conferenza stampa in procura
Il procuratore capo Paolo Auriemma, illustrando ieri l’operazione “Petrol Station”, ha parlato di condizioni di vita durissime per i lavoratori, di “sudditanza, soggezione e inferiorità”, di “rapporti distorti di supremazia da parte dei datori di lavoro cui i dipendenti non potevano ribellarsi”, accertati nel corso di una meticolosa indagine durata un anno e mezzo, condotta dalla mobile a coordinata dal pm Massimiliano Siddi, partita a novembre 2019.
Al fascicolo dell’inchiesta sono allegate anche numerose fotografie che immortalano i dipendenti alla stazione di servizio anche di notte, o fissi alla pompa di benzina per ore e ore al giorno, nonostante contratti di lavoro part time da 25 o 40 ore.
“I lavoratori, tutti in regola col permesso di soggiorno, venivano reclutati tramite passaparola oppure fuori dei negozi e supermercati dove chiedevano l’elemosina”, ha spiegato il capo della mobile Alessandro Tundo, che ha ereditato il caso dal suo predecessore Gian Fabrizio Moschini.
“Venivano assunti con contratti part time, ma poi erano costretti a lavorare ben oltre le ore stabilite, arrivando a percepire una retribuzione oraria anche inferiore ai 3 euro. Dallo stipendio, inoltre, venivano spesso decurtate somme di 100-200 euro per presunti ammanchi o con altre giustificazioni”, ha proseguito.
“Addirittura ci sono casi di dipendenti che vivevano al distributore, in alloggi di fortuna ricavati nei gabbiotti delle stazioni di servizio, all’interno dei quali abbiamo trovato brande e elettrodomestici, a disposizione in pratica 24 ore su 24, con tutte le relative violazioni di legge che è facile immaginare. Fornelli elettrici, frigoriferi, stufette elettriche, in palese violazione della vigente normativa in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro””, ha sottolineato il capo della squadra mobile.
“Per assicurarsi che i dipendenti stessero effettivamente lavorando, li obbligavano a fotografare le targhe delle auto che facevano rifornimento e poi a inviare gli scatti in tempo reale su WhatsApp”, ha detto ancora Tundo.
“Alcuni dipendenti – si legge nella nota della questura – a seguito di legittime lamentele per le ingiustificate trattenute dei loro salari, sono stati licenziati, mentre altri, per evitare di incorrere nelle stesse conseguenze, hanno rinunciato ad esternare le loro rimostranze, tollerando le condizioni lavorative sopra descritte in ragione del loro evidente stato di bisogno”.
Silvana Cortignani
Video: La conferenza stampa in procura
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