Viterbo – Guardia giurata a giudizio, sarebbe stata la mente e il basista dell’assalto a un furgone portavalori messo a segno cinque anni fa nel Viterbese.
E’ entrato nel vivo il processo a uno dei due rapinatori arrestati lo scorso 11 dicembre – grazie al Dna e conversazioni tra detenuti intercettate a Mammagialla – a distanza di quattro anni dal colpo da oltre un milione di euro messo a segno da sette banditi il primo febbraio 2016 in corrispondenza dello svincolo per Vetralla della superstrada Orte-Civitavecchia.
Il furgone blindato della sede operativa di Viterbo della Securpol, diretto a Fiumicino, è stato affiancato e bloccato da tre banditi travisati a bordo di una Bmw station wagon di colore nero mentre era in procinto di imboccare la rampa di uscita dalla superstrada SS 675.
La Bmw usata nell’assalto al portavalori
Davanti al collegio presieduto dal giudice Elisabetta Massini (Roberto Colonnello e Francesco Rigato a latere) c’è l’ex guardia giurata Fabio Aglioti, 50enne, di Civitavecchia, ristretto ai domiciliari sei mesi fa. E’ stato invece raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare a Mammagialla il pregiudicato campano Salvatore Centro, 52 anni, di San Giuseppe Vesuviano, detenuto a Mammagialla.
La bomba utilizzata per il colpo al portavalori
Uno degli autisti è stato fatto inginocchiare nei pressi del mezzo, l’altro ha dovuto disattivare i sistemi di difesa passiva e ad aprire la cassaforte.
Parte civile una delle due guardie giurate che si trovavano sul furgone, un 66enne viterbese assistito dall’avvocato Roberto Alabiso, mentre l’altra guardia giurata che era a bordo, M.P., sarebbe stato uno dei complici.
Mercoledì sono stati sentiti due carabinieri e un ispettore della polizia penitenziaria del carcere di Mammagialla, il cui apporto si è rivelato decisivo per dare una svolta alle indagini. I militari sono un maresciallo e un brigadiere, uno dei quali specialista del servizio tecnico di analisi delle armi, che hanno parlato dell’intervento nell’immediatezza della rapina e delle analisi dinamiche e scientifiche sulle armi rinvenute.
Si è invece occupato delle intercettazioni in carcere l’ispettore della penitenziaria. Intercettazioni disposte nell’ambito di un altro procedimento penale, grazie alle quali gli agenti si sono resi conto dei contatti che riuscivano ad avere, attraverso un telefono introdotto nella casa circondariale, Salvatore Centro e altri detenuti, che parlavano proprio di questa rapina, riuscendo a risalire all’identità del pregiudicato e della guardia giurata.
Due dei tre malviventi sulla Bmw erano Centro e Aglioti che, secondo l’accusa, “mediante la minaccia di far esplodere un ordigno apparentemente esplosivo e mediante l’utilizzo di un fucile a pompa calibro 12 con matricola abrasa e canna e calcio mozzati e una pistola semiautomatica calibro 7,65 parabellum, costringevano le guardie giurate ad aprire il portavalori, disarmandoli delle pistole semiautomatiche in dotazione e impossessandosi della somma in contanti di 1.034. 550 euro e di diversi assegni”.
Sul posto è intervenuta una squadra di artificieri dell’arma, accertando che il congegno elettronico, aventi le medesime caratteristiche di un ordigno esplosivo radiocomandato, collocato sul parabrezza del furgone blindato, era finto.
I militari del nucleo investigativo hanno invece rivenuto e sequestrato, in una zona rurale, distante pochi chilometri dal luogo della rapina, la Bmw utilizzata dai rapinatori, risultata rubata nel precedente mese di dicembre a Pomezia. I rilievi avrebbero permesso di rinvenire a bordo tracce biologiche rivelatesi preziose per chiudere il cerchio attorno ai banditi tramite il confronto del Dna.
Il 15 settembre è in programma un’udienza fiume, a partire dalle ore 10,45, per sentire altri dieci testimoni dell’accusa.
Silvana Cortignani
L’assalto al portavalori
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