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Tribunale - Spunta il movente passionale durante l'interrogatorio dei vigilantes complici dei banditi

Rapina al portavalori, scambio di accuse tra guardie giurate: “Voleva farmela pagare per gelosia”

di Silvana Cortignani
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Viterbo – Rapina da oltre un milione di euro al furgone portavalori assaltato dai banditi all’uscita Cinelli della superstrada, spunta il movente passionale.

“Voleva farmela pagare per gelosia, perché diceva che ci avevo provato con sua moglie”, ha detto ieri in aula dell’ex amico, collega e complice il vigilante accusato di essere ai vertici della banda. 

Una girandola di mogli e amanti e perfino un presunto approccio omosessuale. Sono gli elementi nuovi che tingono di giallo e rosa il processo alla guardia giurata Fabio Aglioti, presunta mente del colpo messo a segno il primo febbraio 2016 e sfociato in tre misure di custodia cautelare dopo oltre quattro anni, a dicembre 2020.


Scambio di accuse tra i due vigilantes rapinatori

All’udienza di ieri, davanti al collegio presieduto dal giudice Elisabetta Massini, contro l’ex vigilante Aglioti ha testimoniato l’altra guardia giurata coinvolta nel colpo, Michele Potenzi, uscito di scena con un patteggiamento. E tra i due presunti complici c’è stato un pesante scambio di accuse reciproche, culminato nel racconto, da parte dell’imputato, di una presunta vendetta da parte dell’ex collega, che sarebbe maturata nell’ambito di un vero o presunto scambio di coppie e della rivalità tra i due vigilantes che si sarebbero contesi le stesse donne.


L'assalto al portavalori

L’assalto al portavalori del primo febbraio 2016


Movente passionale secondo Aglioti: “Voleva farmela pagare”

Secondo la versione di Aglioti, che ieri si è sottoposto a interrogatorio, proclamandosi innocente: “Potenzi aveva promesso di farmela pagare”. “Eravamo amici fraterni – ha proseguito – poi abbiamo litigato, quando lui è tornato dall’Australia, dove è stato un anno, da ottobre 2016 a ottobre 2017. Diceva che, mentre lui era via, ci avevo provato con sua moglie ed ero andato con la sua amante. Poi c’era un altro precedente per un’altra ragazza che interessava a entrambi. E si era offeso perché una volta che mi ha abbracciato mi sono tirato indietro, pensando a un approccio omosessuale”. 


“Io le rapine le sventavo, facendo anche sorpassi in galleria”

“Io le rapine le sventavo, l’ultima l’anno scorso – ha raccontato in aula – in 20 anni di carriera ho fatto trasporti per miliardi di euro sugli autoarticolati blindati scortati da elicotteri e macchine delle forze di polizia. Pur di non fermarmi, ho fatto sorpassi vietati in galleria, viaggiato in corsia d’emergenza, forzato posti di blocco, prendendo multe per violazioni al codice della strada, che venivano puntualmente annullate, perché i portavalori rispettano il codice prefettizio”.


“Mai andato da Potenzi con un sacco nero pieno di soldi”

Si è detto benestante Aglioti. In famiglia sarebbero entrati oltre seimila euro al mese: “Io portavo a casa circa 3mila euro, circa 2mila euro mia moglie, poi c’era l’affitto di un fondo che rendeva altri 1.100 euro al mese”. Ha negato di avere “versato” a Potenzi parte del bottino: “Non gli ho mai dato 5mila euro in contanti e i due bonifici per 7mila euro me li ha chiesti lui per andare in Australia. Non sono mai andato a casa sua con un sacco nero pieno di soldi nel bagagliaio che lui non ha voluto prendere. Si è fatto fare bonifici anche dai suoi parenti”.


La bomba utilizzata per il colpo al portavalori

La finta bomba utilizzata per il colpo al portavalori


La versione del vigilante complice: “Messo in mezzo, ero terrorizzato”

Diversa la versione di Potenzi, con cui è stato arrestato lo scorso mese di dicembre, dopo che uno dei complici, Salvatore Centro, un rapinatore professionista campano detenuto a Mammagialla, si è tradito parlando da un telefono clandestino, intercettato dalla penitenziaria in carcere.

“Uno o due sabati dopo la rapina di Cinelli, Aglioti si è presentato a casa mia con un sacco nero pieno di soldi nel bagagliaio, che io non ho voluto”, ha detto. 

“A fine dicembre 2015, Aglioti mi ha inviato a pranzo e al ristorante c’era anche Salvatore Centro e altri due soggetti. Si parlò della rapina e Salvatore mi diede indicazioni, dicendo cosa dovevo fare, cioè che dovevo stare calmo e non dovevo reagire, ché sarebbe andato tutto bene”, ha spiegato.

“Non ho denunciato perché mi sono sentito messo in mezzo, ho avuto paura, ero terrorizzato. Ho assecondato Aglioti perché ne avevo timore, una volta mi ha detto di avere ucciso un uomo”, ha risposto al pubblico ministero Stefano d’Arma.


“Ho spinto il pulsante dell’allarme, ma non ha funzionato”

I rapinatori hanno messo il finto ordigno lampeggiante sul parabrezza, hanno fatto scendere dal furgone il conducente, parte civile con l’avvocato Roberto Alabiso, e lo hanno fatto inginocchiare a terra.

“Poi uno è salito puntandomi una pistola, mi ha portato dietro e fatto aprire il portello, mentre un altro mi puntava un fucile per farmi aprire la cassaforte. Io ho spinto il pulsante dell’allarme, ma non ha funzionato”, ha detto Potenzi, riconoscendo nelle foto tre dei quattro esecutori materiali del colpo, uno dei quali alla guida della Bmw station wagon blu rubata, abbandonata durante la fuga e ritrovata con le tracce biologiche dei rapinatori poco dopo dai carabinieri.

Inconfondibili le bassette brizzolate portate ancora oggi così da Centro: “Erano lunghissime, tanto che uscivano dal passamontagna”, ha confermato l’ex vigilantes. 


L'assalto al portavalori

L’assalto al portavalori


Colpo da due milioni di euro in una banca cinese a Roma

A detta sua, Aglioti e Centro avrebbero avuto a che fare anche con la rapina al portavalori del 29 aprile 2015 a Tortora, in Calabria, dove i banditi hanno finto un posto di blocco travestendosi da poliziotti, e con un’altra da due milioni di euro a una banca cinese con sede in un appartamento di piazza Vittorio a Roma.


Fuga in Australia otto mesi dopo la rapina

A ottobre 2016, otto mesi dopo la rapina di Cinelli, Potenzi è “scappato” in Australia. “Avevo paura che mi venissero a cercare per altri colpi, così decisi di chiudere. Ma dopo un anno, per problemi di famiglia, sono rientrato in Italia. Aglioti mi ha cercato, voleva che tornassi a fare la guardia giurata, ma io ho detto di no e abbiamo litigato definitivamente”, ha spiegato. 


Centauro bloccato: “Mi hanno fatto gettare la chiave e inginocchiare”

In aula anche il centauro, testimone per caso della rapina. “Allo svincolo, ho visto il furgone fermo sulla destra. Rallentando, ho pensato a un problema, quando mi sono trovato davanti uno con la pistola argentata in mano che mi ha bloccato e un altro col fucile o una mitragliatrice di fronte al furgone, sul cui parabrezza c’era una cosa che lampeggiava. Mi hanno fatto scendere dalla moto e gettare lontano la chiave, quindi inginocchiare dietro il furgone, da dove vedevo scivolare delle cassettine”.

Il processo riprenderà il prossimo 15 dicembre. 

Silvana Cortignani


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11 novembre, 2021

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