Viterbo – “Ho passato l’inferno, per 12 anni ho sputato sangue”, avrebbe detto all’amica parrucchiera, conosciuta frequentando il suo negozio. Ma dei presunti maltrattamenti aggravati da parte del marito, che l’avrebbe picchiata anche davanti alla figlia minore con problemi di salute, non avrebbe mai fatto parola col medico di famiglia.
“Se mi avesse detto qualcosa o avessi anche soltanto avuto un sospetto, avrei preso provvedimenti”, ha detto la dottoressa, sentita ieri tra i testimoni dell’accusa al processo all’ex, denunciato a febbraio 2020 e definitivamente allontanato durante il lockdown. L’imputato è difeso dall’avvocato Barbara Marzoli. Parti civili, con gli avvocati Arianna Dilio e Maria Grazia Carnevale, la parte offesa e l’associazione antiviolenza Battiti.
A febbraio dell’anno scorso madre e figlia finirono al pronto soccorso dell’ospedale di Belcolle: per la bambina fu attivato il “percorso azzurro”, per la donna il “percorso rosa” che però rifiutò.
Violenza sulle donne – foto di repertorio
Nel 2017 la presunta vittima, come lei stessa ha raccontato all’udienza dello scorso 13 gennaio davanti al collegio, avrebbe iniziato a frequentare un centro antiviolenza. Dopo tre anni da separati in casa, la situazione sarebbe precipitata nei primi mesi del 2020.
“A febbraio mi sono decisa a denunciarlo, quando mia figlia è corsa da me, che stavo in bagno, chiedendomi di proteggerla perché il padre, mettendole il grembiule, a detta sua l’aveva presa per il collo. Subito il giudice ha disposto l’allontanamento, ma col Covid tutti i nostri parenti hanno cominciato a chiamarmi perché lo facessi tornare a casa. E’ durata pochi giorni, poi abbiamo mantenuto rapporti solo per il bene di nostra figlia, che è molto legata al padre”, ha spiegato la donna in aula.
All’amica parrucchiera che quella notte avrebbe ospitato in casa lei e la figlia, avrebbe parlato di 12 anni di inferno.
Mai una parola col medico di base. “L’ho conosciuta quando si sono sposati e anche lei, come il marito, è diventata una mia assistita. Non mi ha mai detto niente del genere, né ho avito motivo di insospettirmi, anzi tutt’altro, pensavo che fossero una coppia molto affiatata”, ha ribadito più volte la dottoressa.
Sollecitata dalle parti ha ammesso di avere prescritto una visita psicologica e psichiatrica il 27 novembre 2019 alla parte offesa: “Ma solo perché mi aveva parlato di ansia, insonnia, non altro. Il guaio è che non si mai aperta con me e se un paziente non riferisce… solo una volta, l’estate precedente, mi aveva confidato di sospettare un tradimento da parte del marito. Ma anche in quell’occasione niente di più, era nel contesto di alcuni esami che avrebbe dovuto fare”.
Sei anni prima la vittima si sarebbe fatta prescrivere dalla dottoressa una pomata antibiotica per un eritema che invece sarebbe stato l’esito degli schiaffi ricevuti dal marito. “Non ricordo l’episodio, dovrei vedere se risulta qualcosa sul computer, ma non so se all’epoca lo usassi già per le ricette. Evidentemente, però, lei non mi ha parlato di schiaffi e un eritema può avere tante cause”.
“Quando mi ha detto dei 12 anni di inferno, mi ha anche detto che negli ultimi tre anni da separati in casa non l’aveva più menata, che con la bambina era un papà presente e affettuoso e che erano rimasti insieme per la figlia, legatissima al genitore”, ha detto ancora l’altra testimone.
“La sensazione è che lei sopportasse e loro si sopportassero per il bene della bambina. Facevano per la figlia, ma non risolvevano tra loro”, ha sottolineato la parrucchiera, che avrebbe anche provato a mediare nella coppia.
Il processo riprenderà il 12 gennaio.
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