Viterbo – “Accompagnava sempre il figlio a scuola. Erano i primi ad arrivare, e si mettevano lì, in un angolo, ad aspettare che aprisse. Poi all’uscita, ad aspettare Matias c’era sempre la madre. Lì, in quella panchina lì, all’angolo”. Barbara Straffi e Tamara Bracaletti sono due mamme di Vetralla che aspettano i figli all’uscita della scuola elementare dove andava anche Matias Tomkow, ucciso dal padre a soli dieci anni. La madre, Mariola Rapaj, è stata dimessa dall’ospedale Belcolle dove si trovava in stato di shock. Adesso è stata portata in un istituto religioso.
Cura di Vetralla – Barbara Straffi e Tamara Bracaletti
“L’angolo”, parola che ritorna più volte in altre parole. Quelle di altre due madri che l’altro stavano davanti scuola ad aspettare i figli che uscissero. “Vedrai quante gente arriva adesso, all’uscita”. La scuola s’affaccia su una specie di piazzale da cui a un certo punto sbuca fuori un parchetto spoglio circondato dalle macchine. Lì vicino c’è anche un cinema. L’ultimo prima di Vitorchiano. In mezzo Viterbo dove i cinema, in pochi anni, sono stati cancellati. Attorno Cura che in poco tempo da frazione si è trasformata in una vera e propria città, ormai parte integrante dell’area metropolitana romana che qui trova il suo confine estremo di espansione a nord, dopo aver travolto Monterosi, Sutri e Capranica. Cura di Vetralla ha ormai poco a che vedere con quest’ultima. Ha pure più abitanti. E per come è diventata somiglia più a Labaro e Prima Porta piuttosto che a quel piccolo borgo che fino a pochi decenni fa si disponeva tutt’attorno alla chiesa di Santa Maria del Soccorso, con i bar della Vedova, d’Orfeo e dello Sport a fare da limes.
Bimbo ucciso – Vetralla ricorda Matias
“L’angolo”. Un’umanità messa all’angolo, che arriva per prima la mattina presto perché poi presto deve andare a pulire le case degli altri senza sapere però dove lasciare il figlio quando uscirà da scuola. Perché la rete familiare è stata fatta a pezzi da un sistema economico e sociale sempre più spietato e crudele oppure non esiste. O più semplicemente è altrove. Al di là del mare. Un’umanità messa all’angolo, e quindi sola. Isolata poi all’interno di quel contesto sociale dove nonostante tutto lavora, produce, assiste e accudisce. Spesso i genitori degli altri. Senza avere nulla in cambio. Se non il diritto di consumarsi e morire nelle proprie tragedie, che lasciano poi tutti senza fiato.
“Accompagnava il figlio a scuola tutte le mattine – ripetono Barbara Straffi e Tamara Bracaletti – e si metteva lì in un angolo aspettando che aprisse. Arrivava sempre presto. All’uscita Matias trovava la madre ad aspettarlo su una panchina”.
Cura di Vetralla – La scuola elementare dove andava Matias
Barbara e Tamara hanno ragione. Appena suona la campanella dell’ultim’ora, fuori scuola, ad aspettare i bambini, è pieno di genitori. Con qualche battibecco con i giornalisti. Tanto che a un certo punto arrivano anche i carabinieri. I bambini escono scaglionati, con le mascherine che gli arrivano fino agli occhi. Colpiti, e si vede, dalla presenza delle telecamere. Il mondo che ti precipita addosso per sbatterti davanti agli occhi la morte. Lo shock è palpabile. La tensione è forte. C’è chi fa lo slalom tra i giornalisti e chi si ferma a parlare. Alla fine, tutto molto civilmente. L’Arma, nel frattempo, continua a presidiare la casa in stradone Luzi 6 dove Mirko Tomkow ha ucciso il figlio di 10 anni. La piazza di fronte, il primo giorno piena di gente, adesso è vuota. Non c’è più nessuno, e pochi hanno voglia di continuare a parlare di quanto accaduto. In serata è prevista la messa in ricordo di Matias celebrata da don Paolo Chico con l’intervento del sindaco Aquilani. Diversi i genitori che hanno portato i propri figli a seguire la messa.
“la mia bambina – ha ricordato Barbara Straffi – la sera, quando sono arrivata a casa, mi ha detto subito che si ricordava di Matias per gli occhiali blu. Quando gliel’ho sentito dire, mi si è stretto il cuore. Poi la sera ha chiesto di dormire con noi”. Barbara Straffi è della Botte, l’altra frazione di Vetralla che si trova immediatamente dopo Cura. Subito dopo la stazione dei treni, in fondo al vialone alberato voluto dagli ultimi papi dello stato pontificio. Una distesa verde con qualche traccia di liberty ancora attorno. Alla Botte c’è la zona industriale con aziende, tra queste anche quella del sindaco, ben inserite sui mercati nazionali. Un pezzo, anche in questo, dell’area metropolitana romana.
Bimbo ucciso – Vetralla ricorda Matias
“Mia figlia invece mi ha chiesto – ha detto poi Tamara Bracaletti – se anche il suo papà potesse mai fare una cosa del genere. Non è semplice da spiegare. Ma meglio che lo facciamo noi piuttosto che la televisione”. Cosa avete risposto ai vostri figli? “Ai bambini abbiamo detto che il padre era una persona disturbata, una persona che non era normale”.
Tamara Bracaletti invece è di Cura. Il padre aveva un’impresa edile. Faceva il muratore, come si dice da queste parti dove l’impresa, nell’immaginario, resta ancora la fabbrica. Da suo padre sono passate intere generazioni che vivono ancora a Vetralla. Spesso essere bocciati a scuola significava poi passare l’estate a lavorare, cioè ” a fare il muratore”. E spesso si passava l’estate “da Bracaletti”. Poi a settembre, a scuola ci si tornava volentieri.
Vetralla – Bimbo ucciso
“I bambini – chiudono Barbara Straffi e Tamara Bracaletti prima Din prendere i figli all’uscita – sono stati colpiti nel profondo. Speriamo che la scuola faccia un buon lavoro, al di là dell’affetto che gli possiamo dare noi”.
Il padre, Mirko Tomkow, lo conoscevate? “Di vista – rispondo – e l’impressione che ci faceva non era buona. Non vogliamo aggiungere altro. Il bambino stava sempre con la madre e con la zia”, che lo aspettavano fuori da scuola. Lì, in un angolo.
Daniele Camilli
Media: Fotocronaca: Vetralla ricorda Matias – Omicidio in strada Luzi – Bambino ucciso a Vetralla – Video: L’omicidio in stradone Luzi – Il comandante dei carabinieri Antonazzo: “La madre è tornata a casa e ha trovato il bimbo morto” – Bimbo di ucciso, l’intervento delle forze dell’ordine
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