Mafia nel Viterbese – Un’immagine di un atto intimidatorio
Mafia nel Viterbese – Un’immagine di un atto intimidatorio
Mafia nel Viterbese – Un’immagine delle investigazione dei carabinieri
Mafia nel Viterbese – Un’immagine di un atto intimidatorio
Viterbo – Scacco alla Mafia nel Viterbese. 13 arresti per associazione a delinquere di stampo mafioso. L’organizzazione mafiosa voleva controllare compro oro, locali notturni e ditte di trasloco.
Dalle prime luci dell’alba, i carabinieri del comando provinciale di Viterbo, coadiuvati dal raggruppamento aeromobili di Pratica di Mare, dalle unità cinofile e da militari dell’8° reggimento “Lazio”, stanno dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare -emessa dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Roma – che dispone l’arresto di 13 persone, tutte indagate, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis del c.p.). Numerose le perquisizione tuttora in corso.
L’operazione odierna è l’esito di un’articolata attività investigativa che ha portato alla scoperta dell’esistenza di un’organizzazione dai connotati mafiosi. L’organizzazione mafiosa era dedita principalmente a imporre il proprio controllo su attività economiche, tipo negozi per la vendita di preziosi usati “compro oro”, locali notturni, ditte di trasloco. L’organizzazione aveva messo in atto anche altre attività delittuose come i recupero crediti, nella provincia di Viterbo.
Le indagini hanno consentito agli investigatori di ricostruire i tasselli di un mosaico che ha portato alla luce un pericoloso panorama criminale.
Il sodalizio – con solidi collegamenti con ambienti ‘ndranghetisti – si era imposto a Viterbo e Provincia, attraverso una serie di aggressioni e gravi atti intimidatori, esercitando un’azione di controllo del territorio.
Particolarmente gravi gli episodi che hanno visto incendiare l’auto a carabinieri.
Gli indagati sono:
1. TROVATO Giuseppe, detto “Peppino”, quarantatreenne originario di Lamezia Terme, da anni trasferitosi a Viterbo, dove gestisce tre Compro oro, con un ruolo di vertice nell’associazione oggi smantellata;
2. REBESHI Ismail, detto “Ermal”, cittadino albanese di trentasei anni, domiciliato a Viterbo, dove gestisce una rivendita di autovetture ed un locale notturno, anche questo con ruolo di vertice nel sodalizio;
3. PATOZI Spartak, detto “Ricmond”, cittadino albanese di trentuno anni, residente a Vitorchiano (Vt), operaio, partecipe dell’associazione;
4. DERVISHI Sokol, detto “Codino”, cittadino albanese di trentatré anni, residente a Viterbo, operaio, partecipe dell’associazione;
5. GURGURI Gazmir, detto “Gas”, cittadino albanese di trentacinque anni, residente a Canepina (Vt), operaio, partecipe dell’associazione;
6. LAEZZA Gabriele, detto “Gamberone”, trentunenne, residente a Viterbo, operaio, partecipe dell’associazione;
7. OUFIR Fouzia, detta “Sofia”, cittadina marocchina di trentaquattro anni, residente a Viterbo, compagna e dipendente di Trovato, partecipe dell’associazione;
8. GUADAGNO Martina, trentunenne residente a Viterbo, dipendente di Trovato, partecipe dell’associazione;
9. FORIERI Luigi, detto “Gigi”, cinquantunenne residente a Caprarola, titolare di un bar, partecipe dell’associazione;
10. PATOZI Shkelzen, detto “Zen”, cittadino albanese di trentaquattro anni, residente a Viterbo, operaio, partecipe dell’associazione;
11. PAVEL IONEL, cittadino romeno di trentacinque anni, concorrente in alcuni delitti-fine;
12. PECCI Manuel, ventinovenne residente a Viterbo, titolare di un centro estetico, concorrente in un delitto-fine;
13. ERASMI Emanuele, cinquantenne residente a Viterbo, artigiano, concorrente in un delitto-fine.
Presunzione di innocenza Per indagato si intende semplicemente una persona nei confronti della quale vengono svolte indagini preliminari in un procedimento penale.
Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.