Viterbo – In bilico tra libertà e restrizioni, tra riaperture e lockdown, il 2020 passerà alla storia come l’anno del Coronavirus. Una pandemia che ha colpito il mondo intero, lasciando dietro di sé morti, insicurezze e nuove abitudini.
Con un ciclo di interviste, Tusciaweb propone un’istantanea di ciò che è stato e ciò che sarà, attraverso le parole e gli occhi di grandi personaggi pubblici.
Emma Bonino è una politica e una delle figure più importanti del radicalismo liberale italiano e del movimento femminista. Viene eletta la prima volta alla camera dei deputati nel 1976 e nel corso della sua carriera politica diventa anche senatrice ed eurodeputata. Dal 2006 al 2008 Bonino è ministro delle politiche europee e del commercio internazionale, poi dal 2008 al 2013 ricopre la carica di vicepresidente del Senato. Durante il governo Letta, dal 2013 al 2014, viene nominata ministro degli esteri. Nella sua carriera Emma Bonino ricopre incarichi prestigiosi anche in campo internazionale. Tra il 1994 e il 1999 è Commissario europeo per gli aiuti umanitari, la politica dei consumatori, la pesca e la sicurezza alimentare e nel 2002 viene nominata Osservatore capo della missione di monitoraggio elettorale dell’Unione europea per le elezioni presidenziali dell’Ecuador. Da marzo 2018 Emma Bonino è senatrice e dal 2019 leader del partito +Europa.
Emma Bonino, come ha vissuto il lockdown di marzo e le restrizioni regionali successive? Ha avuto esperienze dirette con il Covid?
“Mi sono molto protetta e per mia fortuna non ho avuto esperienze dirette con il Covid. Mi bastano il tumore e alcune fragilità dovute all’età. Chiaramente ho vissuto il lockdown con l’inquietudine di tutti, ma con dei privilegi che so di avere: fortunatamente a casa ho un bel terrazzo”.
Cosa pensa delle teorie negazioniste e complottiste?
“Non sono un’esperta, perché le detesto e non le seguo. Credo comunque che abbiano un seguito importante nella popolazione perché sono la giustificazione più semplice a tutto quello che sta succedendo”.
Farà il vaccino?
“Certamente. Tempo fa ho lanciato anche una campagna con +Europa: abbiamo chiesto, a chiunque volesse, di indossare una mascherina e inviarci una foto con sottoscritto “Io mi vaccino”. Penso che vaccinarsi sia un segno di rispetto non solo per se stessi, ma soprattutto per gli altri”.
Come giudica l’azione del governo Conte?
“Penso che abbia reagito bene nella prima fase, anche perché il messaggio era netto, semplice: “Tutti a casa”. Ho invece trovato un livello di impreparazione inaccettabile durante la seconda ondata. Si pensi solo alla questione delle scuole, che non è un problema di sedie con o senza le rotelle. Che le scuole aprano a settembre lo si sa da tempo immemorabile, eppure il problema è stato scoprire che non c’erano gli insegnanti. Il livello di impreparazione è impressionante anche con questa campagna vaccinale e non si capisce poi perché debbano essere escluse le cliniche private convenzionate e gli ambulatori. Inoltre, quando un governo fa un annuncio deve fornire dettagli per non trasmettere ansia alle persone: dire, per esempio, che il via alle vaccinazioni del 27 dicembre sarebbe stato simbolico e che la vera e propria campagna sarebbe iniziata successivamente. Il governo deve anche spiegare dove la gente deve andare, dove ci si può prenotare, quali sono le priorità. Ho ricevuto molte mail di persone che mi chiedevano informazioni in merito. Ovviamente non sta a me rispondere, quindi le ho tutte girate al ministro della Salute Roberto Speranza, che ha questo compito”.
Quindi lei registra una grande confusione nella comunicazione del governo…
“Più che confusa, l’ho trovata carente. I cittadini hanno bisogno di un’informazione più completa”.
Come valuta invece l’operato dell’opposizione? È stato costruttivo?
“Dipende, l’opposizione è molto variegata. Io sono all’opposizione senza ripensamenti di nessun tipo e cerco di essere più costruttiva che posso. Constato però che il governo non presta molta attenzione alle varie proposte che faccio in termini di scuola, di vaccinazioni, eccetera. Anche l’opposizione di destra mi sembra abbastanza frastagliata. Non so Salvini, ma è indubbio che Forza Italia abbia fatto delle proposte, peraltro in parlamento. Non so dire però se il governo ne accetterà alcune o meno”.
L’Europa si è fatta trovare pronta di fronte alla pandemia?
“Credo che quella dell’Unione europea, le cui competenze sono soprattutto in ambito macro-finanziario, sia stata una risposta più che adeguata. Anche nei tempi, devo dire. Rimangono altri problemi, ma non sono di competenza europea. La questione dei vaccini, per esempio, con il solito scarica barile tra lo stato e le regioni, è competenza nazionale e, nel nostro paese, anche regionale. È stato utile l’approvvigionamento da parte dell’Europa dei vaccini Pfizer per centinaia di milioni di dosi. L’Agenzia europea per i farmaci ha poi sdoganato anche il vaccino Moderna. Mi sembra quindi che il problema riguardi soprattutto la capacità di ogni stato membro di attuare la campagna di vaccinazioni. In Italia non abbiamo precedenti di campagne di queste dimensioni e sarebbe servito intanto aver preso il Mes, ovvero 27 miliardi proprio sul settore sanitario”.
Lo stato decide per tutti cosa è importante e cosa non lo è. La salute viene prima di tutto e prevarica libertà essenziali, tradizioni, economia, cultura… Ma quanto si possono comprimere le libertà? Lo stato di diritto è in pericolo?
“Ritengo che lo stato di diritto nel nostro paese sia in difficoltà da ben prima del Covid. Ricordo che nel 2018 avevo dichiarato che non avrei partecipato alla discussione della legge sul bilancio, proprio perché il Senato era stato in qualche modo espunto e il governo ci chiedeva di votare la fiducia solo qualche ora dopo averci mandato la copiosa documentazione. Le istituzioni democratiche sono in difficoltà da ben prima del Coronavirus e l’impreparazione di questo governo ha aggravato la situazione. Non solo in termini sociali, a mio avviso. Si pensi per esempio al disastro della malagiustizia, al non funzionamento del reddito di cittadinanza, o al fatto che grazie a quota 100 circa 10mila professionisti del personale sanitario, medici compresi, sono stati mandati in pensione. Era un problema che esisteva già da prima”.
Chi pagherà il prezzo più alto per la crisi?
“I giovani, senza dubbio”.
Il Covid può essere considerato una rivincita della natura sull’uomo?
“Insomma. Il Colera lo è? Non so. Anche in passato abbiamo avuto epidemie di Colera, di Ebola, di Sars. Probabilmente a scatenarle sono vari elementi che concorrono insieme, ma non le attribuirei immediatamente, per esempio, allo sviluppo economico”.
Con la pandemia è nata una nuova normalità? Come si immagina il futuro?
“Spero proprio non sia nata una nuova normalità, se normalità significa restare in casa, non sapere quando aprono le scuole, se c’è un autobus, se c’è lavoro o meno. Mi auguro che non ci rassegneremo a tutto ciò e che questa condizione passi presto. Per quanto riguarda il futuro, in molti dicono che cambierà tutto. Può darsi, non so. Anche perché nessuno motiva in maniera convincente il concetto. È chiaro che forse si userà un po’ di più il lavoro da remoto, tecnologia permettendo. È chiaro altrettanto, però, che bisogna fare in modo che la formazione al digitale sia estesa a tutti i cittadini e non solo a qualcuno. C’è poi il problema delle connessioni, delle bande larghe e quant’altro”.
Come valuta i cambiamenti nel mondo dell’informazione che ci sono stati a seguito della pandemia?
“In questo periodo di pandemia l’informazione è stata vergognosa un po’ in tutto il mondo. Trovo che abbia rincorso tutta una serie di slogan e che non abbia aiutato i cittadini a capire. Inoltre, a mio avviso, non ha nemmeno selezionato le informazioni che servono alle persone”.
E invece il mondo dello spettacolo e della cultura?
“È uno di quei settori a cui tengo di più. C’era una volta uno che diceva: “La cultura non ti dà il pane”. Sbagliava, perché la cultura è una di quelle cose che alimenta il cervello, di cui avremmo molto bisogno. Mi sembra però, da quello che sento dai protagonisti e dai lavoratori del settore, che siano stati abbastanza abbandonati”.
Come ha passato il Natale?
“Mi sembra a casa con un’amica. Ricordo bene invece come ho trascorso il Capodanno, segnato dalla morte di Agitu Gudeta (la 42enne etiope violentata e uccisa a Frassilongo, in Trentino, da un dipendente della sua azienda agricola, ndr). Ho cercato di dare una mano alla soluzione di vari problemi finanziari, diplomatici per il trasferimento della salma e di assistenza alle capre medesime che si ponevano. Il 31 di dicembre lo ricordo bene”.
Qual è stata per lei la lezione del Covid?
“Più che una lezione è una speranza. Spero che rimarrà finalmente la consapevolezza che il nostro destino è l’Europa. Che i singoli paesi da soli non vanno da nessuna parte. Che l’unione fa la forza. L’Europa deve decidere cosa fare di se stessa e passare dalla fase adolescenziale a quella matura, dotandosi di una politica estera e di difesa comune. Da una parte abbiamo infatti Putin e la Cina e dall’altra gli Stati Uniti, che con la nuova amministrazione spero siano più aperti nei nostri confronti.
Edoardo Venditti
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