Viterbo – In bilico tra libertà e restrizioni, tra riaperture e lockdown, il 2020 passerà alla storia come l’anno del Coronavirus. Una pandemia che ha colpito il mondo intero, lasciando dietro di sé morti, insicurezze e nuove abitudini.
Con un ciclo di interviste, Tusciaweb propone un’istantanea di ciò che è stato e ciò che sarà, attraverso le parole e gli occhi di grandi personaggi pubblici.
Edek Osser
Giornalista, laureato in Scienze politiche, Edek Osser dal 1966 lavora nell’ufficio stampa della Rai, per passare poi, tre anni dopo, ai servizi speciali del telegiornale come caposervizio. Nel 1972 firma con Sergio Zavoli la trasmissione televisiva “Nascita di una dittatura”. Fino al 1976 lavora in redazione a Tv7 come inviato speciale. In cronaca nel nuovo Tg2 di Andrea Barbato. Nel 1979 diventa caporedattore con Angelo Guglielmi a Rai3. Nel 1981 alla Rizzoli come vicedirettore della Rete Tv. Dal 1986 è caporedattore al Radiocorriere Rai. Nel 1993 torna al Tg2, nominato caporedattore centrale: è lui a curare la rubrica “Dossier”. Nel 2000 esce dalla Rai, dal 2002 collabora a Il Giornale dell’Arte come inviato; dal 2005 realizza con Tina Lepri decine di documentari d’arte per grandi mostre e musei (Vaticani, Uffizi, etc): con lei vince nel 2013 il “Premio Rotondi ai salvatori dell’arte”.
Osser, come ha vissuto il lockdown di marzo e le successive restrizioni regionali? Ha avuto esperienze dirette con il Covid?
“Io e mia moglie abbiamo vissuto il lockdown di primavera in tranquillità. Essendo giornalisti in pensione non abbiamo avuto necessità di frequentare redazioni o posti affollati. Abbiamo rispettato totalmente le prescrizioni che ci arrivavano da governo ed esperti. Condividendole, tra l’altro. Siamo convinti che la possibilità di difendersi dal virus sia affidata alla responsabilità di ciascuno di noi. Non abbiamo contratto il virus: ci siamo sottoposti un paio di volte al tampone ed è risultato negativo”.
Con la pandemia, secondo lei, è nata una nuova normalità? Come si immagina il futuro?
“È nata una nuova normalità che porta con sé una maggiore responsabilità. A cui forse, al contrario di molti altri paesi nel mondo, non eravamo abituati. Siamo costretti ad indossare mascherine, a mantenere il distanziamento sociale: c’è effettivamente una restrizione della nostra libertà, che mi pare piccola cosa rispetto a quello che dobbiamo fronteggiare. In Cina già da tantissimi anni è normale vedere le persone indossare questi dispositivi di protezione: fa parte della loro cultura. Nessuno protesta, né si sente limitato. È una questione di rispetto verso gli altri nel caso si è influenzati e verso se stessi per difendersi ad esempio dall’inquinamento. L’arrivo del vaccino dovrebbe mettere fine all’allarme e quindi all’emergenza: non ci sarà più la necessità di adottare misure del genere. Ma credo che la mascherina continuerà a far parte della nostra quotidianità. Magari non perché ci troveremo di fronte una nuova pandemia, ma in altri contesti. Come per difenderci dallo smog e dall’inquinamento nelle grandi città…”.
Farà il vaccino?
“Certamente. Lo farò quando sarà il mio turno. E lo faranno anche le persone a me vicine”.
Cosa pensa delle teorie negazioniste o complottiste?
“Verso i negazionisti ho un atteggiamento di ripulsa e di disprezzo culturale. Non capisco come si possa negare l’evidenza scientifica e la scienza stessa. Appartengo ad una famiglia di medici: resterò per sempre convinto che il vaccino sia stata una delle grandi scoperte dell’umanità, una delle più importanti conquiste dal punto di vista medico che hanno salvato milioni di vite umane. Nei giorni scorsi ho ricevuto un video in cui un medico sosteneva che non avrebbe mai fatto il vaccino, perché sviluppato ad hoc per uccidere, per diminuire la presenza eccessiva di persone sulla terra. Questa è una forma di terrorismo cosciente, stento a credere che chi dice queste cose ci creda sul serio…”.
Come ha passato ì il Natale?
“In famiglia. Con mia moglie, mio figlio e mio nipote. Insieme”.
Come giudica l’azione del governo Conte? E Salvini, Meloni e Berlusconi?
“Penso che il governo abbia tentato di barcamenarsi e mediare tra coloro che volevano chiusure più rigide e chi non ne voleva affatto. Nel limite in cui poteva essere fatto, tutte le misure adottate per frenare i contagi sono state a mio avviso necessarie. Forse non sufficienti, è questo il mio unico dubbio”.
Lo stato decide per tutti cosa è importante e cosa non lo è. Quanto si possono comprimere le libertà? Lo stato di diritto è in pericolo?
“Se l’obiettivo è quello di combattere una pandemia, limitare le libertà non è accanimento. Serve a preservare la salute di uno stato, mira a salvaguardare la vita delle persone. Per questo sono contro tutti i tentativi di sminuire lockdown locali o misure restrittive”.
Cosa cambierà sul piano economico dopo l’onda d’urto del Covid? Chi pagherà, secondo lei, il prezzo più alto per la crisi?
“Tutti noi. Anche se saranno i più deboli a risentirne maggiormente. E ciò si rifletterà sulla classe media, quella dei lavoratori, degli impiegati, degli operai. Se ci saranno delle chiusure, dei fallimenti, come ad esempio nel campo del turismo – uno dei più provati dalla situazione – questo avrà ripercussioni su centinaia di migliaia di persone. È difficile dire chi pagherà di più, forse è più facile dire chi pagherà di meno: quelli con un reddito fisso. Statali e pensionati”.
Il Covid è una rivincita della natura sulla cultura? È stato una sconfitta della scienza? La tecnologia, soprattutto in occidente e nel nord est asiatico, ci aveva illuso di aver posto una grande barriera culturale tra l’uomo e la natura…
“Se dessimo una mente pensante al Covid, potrebbe anche essere così. La verità è che la pandemia non è una rivincita di qualcuno su qualcosa, è una sconfitta dell’umanità. È il risultato di una serie di comportamenti per cui ora siamo tutti chiamati a pagare le conseguenze”.
Cosa rimarrà nella storia? Come sarà il mondo dopo la pandemia? Il Covid può essere considerato uno spartiacque? Uno di quegli avvenimenti per cui – come guerre e grandi scoperte – si crea una netta separazione tra il “prima” e il “dopo”…
“Il 2020 sarà impossibile da dimenticare. Nessuno può sapere cosa accadrà dopo, ma questa pandemia ci ha messo di fronte a noi stessi e ai nostri comportamenti. Mi auguro solo che vengano usati bene tutti gli insegnamenti che il Covid involontariamente ci ha offerto”.
Come valuta i cambiamenti nel mondo dell’informazione? E in quelli dello spettacolo e della cultura?
“Il mondo della cultura, così come quello dello spettacolo, ha dovuto fare i conti con una nuova realtà. Ha dovuto reinventarsi per far fronte alle esigenze che questa pandemia ha creato. Improvvisamente gli esperti e i professionisti del settore si sono dovuti confrontare con interrogativi che pretendevano risposte efficaci e veloci: come condividere l’arte e la bellezza se le persone non possono uscire di casa? Come mostrare il fascino della storia, del passato, del bagaglio culturale italiano? Ed ecco la grande nota positiva di questo drammatico periodo storico. Direttori e organizzatori si sono dati da fare per trasferire musei, mostre e incontri con l’arte su piattaforme digitali online. Per godere delle nostre bellezze non è stato più necessario spostarsi. Anche in Italia, gli Uffizi, il Museo egizio di Torino, i Musei scientifici, la Pinacoteca di Brera, Pompei ed Ercolano – ma anche realtà più piccole a livello locale – hanno dato il via a una serie di appuntamenti live e streaming, anche grazie all’aiuto della televisione pubblica, reinventando un modo per divulgare l’arte. Il rischio che si corre, ovviamente, è quello di snaturarne l’essenza: bisogna vedere come questa digitalizzazione si svilupperà. Certo è che il video, la tv, la diretta non possono sostituire le emozioni in presenza, non possono sostituire la fruizione fisica dell’arte in ogni sua forma. Forse potranno camminare una di fianco all’altra. Per il mondo della cultura, il Covid può essere considerato come un’occasione. Siamo andati avanti fino ad ora con metodi e strumenti che appartenevano al secolo scorso, che non hanno più corrispondenza reale con le esigenze della gente. È l’opportunità da prendere al volo per fare un passo in avanti”.
Quale è stata per lei la lezione del Covid?
“Più che di lezione parlerei di occasione. Il Covid per me è stata un’occasione di riflessione. Per pensare ai comportamenti dell’uomo e al suo modo di essere. Nei confronti degli altri, del mondo e anche del modo in cui si vive. Mi auguro che sia il momento per ripensare a cosa siamo stati e per aprire gli occhi su temi importanti e sensibili come quello dell’ambiente…”.
Barbara Bianchi
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