Viterbo – In bilico tra libertà e restrizioni, tra riaperture e lockdown, il 2020 passerà alla storia come l’anno del Coronavirus. Una pandemia che ha colpito il mondo intero, lasciando dietro di sé morti, insicurezze e nuove abitudini.
Con un ciclo di interviste, Tusciaweb propone un’istantanea di ciò che è stato e ciò che sarà, attraverso le parole e gli occhi di grandi personaggi pubblici.
Jury Chechi è campione olimpico di ginnastica artistica. Entra nella nazionale juniores di ginnastica nel 1984 e si specializza negli anelli. Vince numerosi campionati italiani, europei e mondiali e partecipa alle olimpiadi di Seoul del 1988. Un mese prima delle olimpiadi di Barcellona del 1992, per le quali è il grande favorito, si rompe il tendine d’Achille della gamba destra. Dal 1993 al 1997 vince per cinque anni consecutivi la medaglia d’oro ai mondiali, diventando il primo ginnasta della storia a compiere una simile impresa. Vince l’oro alle olimpiadi di Atlanta del 1996 e il bronzo alle olimpiadi di Atene del 2004. Nel 2006 apre la cerimonia ai Giochi olimpici invernali di Torino.
Chechi, come ha vissuto il lockdown di marzo e le restrizioni regionali successive? Ha avuto esperienze dirette col Covid?
“Fortunatamente non ho avuto esperienze dirette con il Covid e neanche i miei familiari più stretti. Alcuni miei cari amici sì. Ho vissuto il periodo del lockdown nel rispetto delle regole e con responsabilità. È ciò che occorre fare per uscire velocemente da questa situazione. Sono riuscito ad allenarmi anche da casa, ma dal punto di vista professionale sono stato molto limitato”.
Con la pandemia è nata una nuova ed inedita normalità? Come si immagina il futuro?
“Io mi auguro che questo nuovo modo di vivere la quotidianità sia solo una parentesi. Spero si torni alla vita di una volta il prima possibile. Sicuramente nella criticità abbiamo imparato cose nuove e la speranza è quella di non ripetere gli errori fatti, ma rimpiango la normalità del passato. Voglio tornare ad avere contatti con le persone e stare insieme agli altri”.
Farà il vaccino?
“Senza dubbio, credo nella scienza. Ci vorrà del tempo, ma solo così riusciremo a uscirne”.
Cosa pensa delle teorie complottiste o negazioniste? Ha mai avuto tentazioni negazioniste?
“Faccio fatica anche a credere che alcune persone pensino certe cose. È vero che ci sono cose non troppo chiare, come in ogni ambito, ma da qui a pensare al complotto è assurdo. C’è gente che è davvero convinta, ad esempio, che la terra sia piatta”.
Come ha trascorso il Natale?
“A casa, come ogni anno. In passato mi sono sempre ritagliato qualche giorno per poter andare in montagna con degli amici carissimi; quest’anno non è stato possibile”.
Palestre chiuse per settimane e mesi, il mondo dello sport amatoriale è stato più penalizzato rispetto ad altri settori?
“Il mondo professionistico non si è mai fermato, com’è giusto che sia. Sanificando gli attrezzi e mantenendo il distanziamento, i tesserati professionisti hanno proseguito ad allenarsi. Ora, adeguati tutti i protocolli, credo che anche le attività amatoriali debbano avere la stessa possibilità”.
Le misure e i protocolli adottati dal mondo dello sport per evitare nuovi contagi erano secondo lei idonei e sufficienti?
“Ritengo fortemente sbagliate le misure applicate al mondo amatoriale. All’inizio le chiusure sono state giustificate, non tanto per i contagi che avvengono all’interno delle strutture, ma per limitare gli spostamenti. Il fatto di aver dato una settimana di tempo per adeguare le strutture ai nuovi protocolli quando era chiaro che sarebbero state chiuse, invece, è stato un errore strategico. Anche il fatto di non riaprire le attività è un errore. Non credo sarebbe un pericolo se accanto alla riapertura dei musei si riaprissero anche le palestre e le piscine”.
Restare fermi a lungo, che conseguenze può avere sul fisico ma anche sulla mente?
“Le conseguenze possono essere pericolose. Non solo per il fisico ma soprattutto per la mente. Le persone, nel rispetto delle norme, devono tornare a fare sport. Sto seguendo da vicino un progetto di sport e salute che si chiama ‘Sport nei parchi’ con cui ci sarà la possibilità di recuperare alcune strutture nelle città e darle in uso alla cittadinanza per chi vuole fare attività. È molto importante, però, anche garantire l’accesso a palestre e piscine, strutture che forniscono un’attenzione tecnica e puntuale all’attività motoria”.
Le olimpiadi di Tokyo sono state rinviate di un anno, mentre campionati nazionali, primo tra tutti quello calcistico, sono ripresi. Secondo lei è stata una decisione giusta o nel rispetto di regole e precise indicazioni, era comunque possibile organizzare le olimpiadi?
“È stato giustissimo rimandare le olimpiadi, era chiaro che non si potessero svolgere in quel contesto e in quelle condizioni. Forse hanno anche ritardato nella comunicazione ufficiale. Si faranno nel 2021. Si dovrà vedere come, ma almeno si faranno”.
Come giudica l’azione del governo Conte? E Salvini, Meloni e Berlusconi?
“Nella prima parte dell’emergenza credo che sia stato fatto un buon lavoro per arginare la pandemia. Durante la seconda ondata invece sono stati fatti diversi errori. Ad esempio riguardo la comunicazione, a volte eccessiva e confusionale, o sull’efficacia, soprattutto nei tempi, dei provvedimenti. I tempi di risposta sono stati troppo lenti per le esigenze delle persone. Sono rimasto deluso”.
Lo stato decide per tutti cosa è importante e cosa non lo è. La salute viene prima e prevarica libertà essenziali, tradizioni, economia, cultura. Ma quanto si possono comprimere le libertà? Lo stato di diritto è in pericolo?
“Le emergenze impongono misure straordinarie. La libertà è un valore costitutivo per una persona e limitare la libertà individuale è la peggiore delle limitazioni possibili. Sono anche a favore dell’eutanasia in alcuni casi. Ma in situazioni di emergenza, come lo è questa pandemia, posso accettare che la libertà venga in parte compressa. Sta al legislatore comprendere quanto è il giusto limite e dare al popolo le giuste misure. Un legislatore capace è in grado di motivare e far accettare alcune decisioni necessarie”.
Cosa cambierà sul piano economico dopo l’onda d’urto del Covid? Chi secondo lei pagherà il prezzo più alto per la crisi?
“La vera onda d’urto economica dobbiamo ancora vederla. È stato un anno difficilissimo, e forse lo sarà anche il prossimo. Spero di sbagliare, ma ho questa sensazione. Credo che a pagare sarà sempre chi era in difficoltà già da prima, sempre i soliti. Sono un imprenditore, gestisco 3 società e basandomi sulla mia esperienza posso dire che uno sforzo in più si sarebbe potuto fare. Solo una delle mie tre società ha beneficiato dei ristori, sussidi economici dell’entità, in ogni caso, irrisoria. Per le altre due sto ancora aspettando e non credo che arriveranno”.
Cosa rimarrà nella storia? Come sarà il mondo dopo la pandemia? Il Covid può essere considerato uno spartiacque? Uno di quegli avvenimenti per cui, come guerre e grandi scoperte, si crea una netta separazione tra il “prima” e il “dopo”?
“Sarà un evento epocale. Eppure noi esseri umani tendiamo ad avere spesso la memoria a breve termine e ho paura che non impareremo tutto ciò che avremmo potuto imparare da questo periodo triste. Sarà un ricordo solo negativo, soprattutto per il numero straordinariamente alto di vittime che il Covid ha causato. I troppi morti di questa pandemia sarà ciò che ricorderemo con più forza e con più dispiacere. Io cerco sempre di essere ottimista e di trovare dei risvolti positivi anche nelle criticità, ma nel rispetto dei tanti morti questa volta non ci riesco”.
Quale è stata per lei la lezione del Covid?
“Ho riscoperto il piacere di stare a casa. C’è sempre stato, ma avendo un’attività che mi porta spesso in giro non potevo farlo troppo. Ho avuto modo di stare più a contatto con i miei affetti veri ed è stata una conferma di ciò che veramente conta nella vita”.
Alessio Bernabucci
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