Guardia di finanza
Viterbo – Maxifrode fiscale da 20 milioni di euro e sfruttamento dei lavoratori, in aula una delle presunte vittime, un autotrasportatore in pensione, oggi 76enne, costretto sulla sedia a rotelle.
E’ una delle quattro parti civli del processo, ripreso ieri, a quattro persone fisiche e a un consorzio logistico del Poggino che tra il 2010 e il 2014 si sarebbe occupato di trasporto merci e in particolare della distribuzione di medicine in mezza Italia per i più grandi colossi farmaceutici attraverso una girandola di cooperative fantasma chiamate coi nomi di costellazioni e pianeti.
Sono imputati a vario titolo di evasione fiscale, intermediazione illecita e sfruttamento dei lavoratori, davanti al collegio presieduto dal giudice Silvia Mattei, gli imprenditori viterbesi Giuseppe e Stefania Boni, 55 e 53 anni, fratello e sorella e i dipendenti Roberto Aquilanti e Andrea De Angelis, 65 e 39 anni. C’è poi il consorzio cooperativo a responsabilità limitata in liquidazione Interservice Group di Viterbo. I fratelli Boni sono difesi dai legali Tommaso Luppino e Giuseppe Bongiorno. Le parti civili sono assistite dagli avvocati Ilaria Di Punzio e Mara Mencherini.
Giuseppe “Pino” Boni, considerato il dominus dagli inquirenti, sarebbe l’imprenditore col pallino dell’astronomia.
“Lavoravo 12 ore al giorno per mille euro al mese”
Gli autisti, una ventina, tanti quanti le cooperative, sarebbero stati costretti a turni massacranti e sottopagati con lo spettro del licenziamento. In media 12 ore al giorno, sei giorni alla settimana e due domeniche al mese, per 1000-1200 euro. Dalle 5 alle 11,30 e dalle 13,30 alle 19,30, tra consegna di farmaci e merci per tutta la provincia.
Il contratto “alla volemose bene”, come lo ha definito il testimone, sarebbe stato però a tempo determinato, part-time, per 20 ore settimanali. “Venti ore le facevamo già in un giorno e mezzo”, ha spiegato il 76enne.
“Più che un datore di lavoro, Boni era un ‘domatore di lavoro’“, ha detto, spiegando che offese tipo “sei un coglione” e minacce di licenziamento facevano parte del suo linguaggio abituale. “A me il lavoro piaceva e mi serviva, per cui abbozzavo, un altro si sarebbe compromesso”, ha sottolineato.
Lui era addetto al “giro della montagna”, da Corchiano a Orte passando per i Cimini. “Partendo dai magazzini del Poggino e del Rinaldone, facevo ogni giorno una dozzina di farmacie la mattina e le altre consegne di pomeriggio”.
“Tra il 2009 e il 2014 -ha spiegato – ho lavorato per 6-7 cooperative, tutte col nome di pianeti e costellazioni, come Marte, Mercurio, Sirio, Scorpione. Venivamo licenziati e poi riassunti. Facevo un numero di ore spropositate, senza avere fatto mai un giorno di ferie. Se mi serviva un giorno libero, me lo sottraeva dallo stipendio. Idem se prendevo una multa stradale. Ne ho presa una da 170 euro, ovviamente sono stati scalati dalla busta paga”.
“A me aveva dato un vecchio Ducato, mezzo sfasciato, senza il frigorifero, per cui d’estate le medicine stavano a 50°. Siccome una volta ero andato al lavoro col furgone di mio figlio, che è morto a 33 anni nel 2009, e a lui serviva un mezzo in sostituzione di uno rotto, se lo è preso per due mesi, abbandonandolo in mezzo al piazzale quando è scaduta l’assicurazione, senza neanche una parola di ringraziamento”, ha raccontato, sempre a proposito dell’indole dell’imputato Boni.
Carabinieri
“Indagine partita da una segnalazione di Bankitalia”
Lo ha spiegato in aula il maresciallo Salvatore Gentili della guardia di finanza, che ha indagato sul gruppo Boni assieme al nucleo carabinieri dell’ispettorato del lavoro. “Scoprimmo un sistema di frode carosello con le cooperative per la consegna dei medicinali”, ha proseguito il militare.
“A metà giugno del 2008 erano state create le prime 12 di una ventina di cooperative fittizie confluite nel consorzio Interservice, tutte lo stesso giorno, tutte con nome di pianeti, senza mezzi di trasporto e senza conto corrente, tutte intestate a dipendenti di Boni, che ne era il dominus”, ha sottolineato il testimone.
“Lo scopo era non fa gravare il costo dei dipendenti sul consorzio che, a sua volta, intestava le fatture a tre società di Boni. L’intera documentazione di cooperative e consorzio è stata fatta sparire, compresi gli 83mila euro di crediti del consorzio con le società di Boni”.
Secondo l’accusa, Boni usava l’Iva in detrazione, che non veniva invece versata dal consorzio (fittizio, allo scopo di evadere le imposte) per un totale di due milioni e mezzo di euro. “Boni era committente tramite le sue tre società e affidatario dei lavori tramite il consorzio e le cooperative”.
Il processo riprenderà il 6 luglio, quando saranno ascoltate tutte le altre parti offese.
Silvana Cortignani
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