Giuseppe Centamore
Nimes – (sil.co.) – Morte di Giuseppe Centamore, confermata la sentenza di primo grado. Il gestore del campeggio, Bernard Sauvaire, è stato condannato per omicidio colposo a 9 mesi di reclusione con sospensione della pena.
Lo ha deciso ieri la corte d’appello di Nimes, discutendo il ricorso presentato dal dirigente, mentre ha rinunciato la società.
In primo grado, nel novembre 2019, il tribunale aveva condannato a 100mila euro di multa e alla pubblicazione della sentenza la società e a nove mesi di reclusione e 25mila euro con sospensione della pena l’amministratore quale persona fisica.
Giuseppe Centamore è il sedicenne viterbese morto in fondo a una piscina, vittima di un drammatico incidente, avvenuto nel giugno del 2015 in un campeggio di Aigues-Mortes, una località turistica della Camargue, tra le città di Nimes e Montpellier, in Francia, dove era in vacanza coi genitori Paola e Giuseppe e la sorella Elisabetta più piccola di tre anni. Risucchiato da una griglia che lo ha intrappolato, l’adolescente è giunto in condizioni disperate all’ospedale di Nimes dove è spirato e dove si è svolto il processo che ha fatto seguito alla tragedia.
“Giustizia non è, è una magra consolazione – commentano i genitori di Giuseppe – nove mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena sono una magra consolazione, anche se siamo soddisfatti che sia stato condannato lui, perché avevamo paura che condannassero soltanto la società e non lui come persona fisica, che con grande faccia tosta si è sempre dichiarato innocente”.
La notizia sui giornali francesi – I genitori di Giuseppe Centamore con i loro avvocati fuori della corte d’appello di Nimes
All’udienza di ieri erano presenti, come sempre, Salvatore e Paola Centamore, parti civili con gli avvocati Audrey Moyal e Jean-Pierre Cabanes, mentre dirigente e società sono assistiti dalla legale Isabelle Mimran.
Al termine la mamma di Giuseppe si è lasciata andare a uno sfogo. “Ho avuto uno scatto d’ira, non so cosa è stato, so che ho detto delle cose. Ho detto che a me hanno ammazzato un figlio e che, mentre loro si godranno i propri, noi il nostro non ce lo potremo godere più. A distanza di sei anni, viviamo sempre in un tunnel, che sembra un buco nero, che non ci riuscirà mai di colmare”.
Nel corso del processo sono emerse violazioni degli obblighi di sicurezza delle attrezzature, in particolare quella finalizzata all’arresto urgente del sistema di filtrazione dell’acqua. La difesa di parte civile, durante l’udienza del 25 marzo, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado, oltre alle anomalie riguardanti la sicurezza, ha posto l’accento anche sul calvario vissuto dalla famiglia di Giuseppe.
“Nessuno ci ha mai chiesto scusa, nessuno ci ha offerto parole di conforto. E non sarà questa sentenza a darci pace, ma si è chiusa una fase, visto che non faremo più questo pellegrinaggio, che sembrava che noi dovessimo espiare una pena per la morte di mio figlio – dice mamma Paola – da sei anni, almeno due volte l’anno, saliamo e scendiamo da Nimes. Ogni volta uno strazio, a maggior ragione perché in questa maledetta città è spirato mio figlio, che è morto alla Petite Camargue, anche se noi quando l’hanno portato qua, pure se il medico ci aveva avvertiti che era gravissimo, eravamo ancora speranzosi”.
Il procuratore generale ha chiesto per l’imputato otto mesi con sospensione della pena. La difesa, che sta valutando se ricorrere in cassazione, l’assoluzione.
Copyright Tusciaweb srl - 01100 Viterbo - P.I. 01994200564PRIVACY POLICY