Viterbo – In bilico tra libertà e restrizioni, tra riaperture e lockdown, il 2020 passerà alla storia come l’anno del Coronavirus. Una pandemia che ha colpito il mondo intero, lasciando dietro di sé morti, insicurezze e nuove abitudini.
Con un ciclo di interviste, Tusciaweb propone un’istantanea di ciò che è stato e ciò che sarà, attraverso le parole e gli occhi di grandi personaggi pubblici.
Matteo Bassetti
Matteo Bassetti è un infettivologo e professore universitario. Nel 1995 si laurea in Medicina e Chirurgia presso l’università degli studi di Genova e consegue nel 1999 un diploma di specializzazione con lode in Malattie infettive. Nel 2001 porta a termine un Postdoctoral research fellowship in Malattie infettive presso la Yale University School of Medicine, negli Stati Uniti, e nel 2004 consegue con lode il titolo di dottore di ricerca in Malattie infettive, Microbiologia e Trapianti d’organo presso l’Università degli studi di Genova. Dal 2011 al 2019 Bassetti è direttore della Clinica malattie infettive dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine, professore associato di Malattie infettive dell’università di Udine e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie infettive e tropicali dello stesso ateneo. Da ottobre 2019 Bassetti è direttore della clinica Malattie infettive del policlinico San Martino di Genova. Sempre dal 2019 è professore ordinario di Malattie infettive all’Università di Genova. È inoltre presidente della Società italiana di terapia antiinfettiva (Sita) ed è membro del comitato esecutivo del Piano nazionale per lotta alla resistenza-antimicrobica (Pncar). Nel novembre 2020 Bassetti pubblica con la giornalista Martina Maltagliati il libro Una lezione da non dimenticare. Cronaca della battaglia per sconfiggere il Covid-19 senza panico, né catastrofismo.
Professor Bassetti, come ha vissuto il lockdown di marzo e le restrizioni regionali successive? Ha avuto casi di Covid in famiglia?
“Ho trascorso il lockdown gestendo in prima persona la pandemia nell’ospedale dove lavoro, ho fatto il medico in corsia in reparto fin dal principio. Fortunatamente non ho avuto nessun caso di Covid in famiglia”.
Ha già ricevuto la seconda dose del vaccino ed è ormai immune al virus. Crede che la vaccinazione debba essere obbligatoria? Cosa ha dire agli operatori sanitari che non vogliono vaccinarsi?
“Credo che la vaccinazione debba essere obbligatoria per gli operatori sanitari e mi dispiaccio che non si sia agito in questo senso. Bisognava fare una legge ancora prima che iniziassero le somministrazioni, adesso ovviamente è tardi. Noi oggi abbiamo circa un 20 – 25 per cento di personale negli ospedali e nelle strutture assistenziali che ha deciso di non vaccinarsi. Secondo me non dovrebbe lavorare. Come accaduto in Germania, dove per questo motivo nei giorni scorsi, infermieri e operatori sanitari sono stati licenziati. Chi vuole lavorare negli ospedali al tempo del Covid deve essere vaccinato, altrimenti va a fare un altro mestiere. Non credo invece ci voglia l’obbligo per il resto della popolazione, penso piuttosto che ci arriveremo in maniera indiretta. Mi sembra infatti che l’Europa abbia già comunicato l’intenzione di creare una patente per chi è vaccinato. Chiaramente, chi non lo è non potrà fare la maggioranza delle attività. Ognuno è libero quindi di non vaccinarsi, ma è altrettanto libero di starsene in casa”.
In seguito alla vaccinazione è stato attaccato con minacce e insulti da parte dei no-vax, cosa pensa delle teorie complottiste o negazioniste
“Penso ci sia una grande ignoranza. E dove serpeggia ignoranza, serpeggiano anche le teorie più antiscientifiche. I no-vax sono dei fanatici ed è molto difficile parlare con loro. C’è però una fetta abbastanza consistente di persone che è scettica nei confronti dei vaccini, ed è a questa che il mondo scientifico e la politica dovrebbero parlare. Probabilmente è più facile convincere queste persone spiegando loro i benefici e rischi del siero. Quelli che mi hanno insultato e minacciato di morte si commentano da soli. Devono inoltre sapere che i reati che hanno commesso verranno perseguiti d’ufficio. Ho infatti denunciato tutto alla digos, alla polizia postale e alla procura della repubblica”.
Molte persone sono restie nei confronti del vaccino, probabilmente anche a causa di un’informazione caotica. Può spiegarci come agisce il vaccino e com’è stato possibile che sia stato sviluppato in tempi così rapidi?
“Il vaccino contro il Covid ha un meccanismo d’azione nuovo. Viene iniettato un messaggio, come se si inserisse nel nostro corpo una chiavetta usb con dentro le informazioni necessarie ai ribosomi, che sono una sorta di stampante, per produrre le foto segnaletiche della proteina Spike del virus. Gli anticorpi vedono queste foto e sono in grado di riconoscere la proteina nel caso in cui dovessero entrarci in contatto successivamente, facendo sì che il virus non si leghi alle nostre cellule. È un meccanismo nuovo e molto valido: il vaccino contro il Covid contiene un’informazione, non il virus, quindi è ancora più sicuro rispetto a quelli tradizionali. Ma c’è molta ignoranza su questo argomento.
Nelle teorie dei no-vax c’è anche la visione del mondo che ci controlla, delle aziende big pharma, eccetera. Ma, in fin dei conti, chi è che deve produrre un vaccino se non le grandi aziende farmaceutiche? Sono loro che hanno gli strumenti per farlo. Si tratta delle stesse aziende che ci forniscono i farmaci per curare i tumori e l’Hiv e gli antibiotici per le infezioni. Perché queste aziende farmaceutiche dovrebbero essere cattive solo quando producono i vaccini, mentre sono buone quando sviluppano i farmaci grazie ai quali riusciamo a vivere a lungo? Inoltre, la sperimentazione che è stata fatta sul vaccino per il Covid ha seguito esattamente tutte le regole. È un po’ come se oggi non volessimo attraversare il ponte di Genova perché è stato realizzato in un anno anziché in dieci, come mediamente vengono costruiti i ponti nel nostro paese. Se per questa infrastruttura si è riusciti in un anno a rispettare tutte le regole sulla sicurezza, come per esempio costruire piloni robusti ed eseguire collaudi, lo stesso vale per il vaccino. Sono state seguite le tre fasi di sviluppo, è stato arruolato un numero adeguato di pazienti ed è stata ottenuta l’autorizzazione. Questo vuol dire che siamo stati bravi a sviluppare il vaccino in tempi così rapidi. D’altronde in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo non ci si potevano impiegare dieci anni”.
Da settimane suscita forte preoccupazione la scoperta delle varianti del virus. Sono un pericolo reale per l’efficacia del vaccino?
“Le varianti, per lo meno quella inglese e quella sudafricana che sono presenti nel nostro paese, sono mutazioni fisiologiche che il virus ha nella sua evoluzione. È un po’ come se fosse un essere umano: cresce, cambia i connotati, diventa più alto, più forte, più pesante. Però la proteina spike, che è la struttura portante di questo virus, rimane inalterata. Anche se il virus muta, il vaccino è infatti in grado di riconoscere la maggioranza delle parti di questa proteina. Al momento, quindi, i vaccini sembrano funzionare anche sulle varianti”.
Come giudica l’azione del governo Conte? E l’opposizione?
“Credo siano state fatte cose buone e altre meno. C’è stato secondo me un po’ di immobilismo nella gestione della pandemia da parte del governo. Basti pensare che il Comitato tecnico scientifico è rimasto praticamente inalterato da febbraio 2020. È passato un anno ed è sempre lo stesso. Noi abbiamo cambiato collaboratori e modo di pensare, eppure l’unica cosa che è rimasta uguale è il Cts. Inoltre chi ha fatto la parte del leone in questi mesi nella gestione della pandemia non è stato certo il governo, ma le regioni. Anche oggi con la campagna vaccinale ci rendiamo conto di come il sistema sanitario sia in realtà regionale. Sono loro che hanno gestito l’epidemia, hanno trovato i posti letto per assistere i pazienti, hanno fatto i tamponi e adesso somministrano i vaccini. Il governo ha avuto un ruolo marginale in questo. L’esecutivo ha avuto invece un ruolo importante in tutta la parte legislativa e sono state prese delle buone decisioni insieme ad altre francamente incomprensibili. Il governo ha fatto delle scelte, anche pesanti, se ne è assunto fino in fondo le responsabilità e come tale deve essere giudicato. L’opposizione invece non ha avuto modo di fare granché, nelle decisioni più importanti non è mai stata ascoltata. Non credo quindi si possa dare un giudizio sulle opposizioni”.
Lo stato decide per tutti cosa è importante e cosa non lo è. La salute viene prima e prevarica libertà essenziali, tradizioni, economia e cultura. Ma quanto si possono comprimere le libertà? Lo stato di diritto è in pericolo?
“Credo che siamo arrivati a un limite di sopportazione vicino alla fine. Ormai è un anno che va avanti questa tiritera e rispetto ad altri paesi siamo stati più restringenti. La riduzione delle libertà individuali può andar bene per un certo periodo, non oltre. Bisogna trovare il giusto compromesso tra controllo della pandemia e rispetto delle libertà individuali. È giusto dire che bisogna indossare la mascherina, però il divieto di recarsi nelle seconde case o l’istituzione del coprifuoco dalle 22 alle 6 possono durare secondo me per un periodo. È evidente che bisogna poi tornare a una condizione di normalità. Non credo si possa continuare così, altrimenti finiamo per vivere in uno stato di polizia”.
Il Covid è una rivincita della natura sull’uomo e sulla scienza?
“Più che una rivincita, è in qualche modo frutto di un atteggiamento sbagliato che noi umani abbiamo avuto nei confronti del mondo dei microbi, che si sono ribellati e ci hanno colpito. Dobbiamo imparare che quello dei microbi è un mondo parallelo e complementare al nostro e dobbiamo rispettarlo. Questo vale anche per i batteri, su cui bisogna usare bene gli antibiotici ed evitare di farlo come capita, perché altrimenti diventano più resistenti. Vale per il mondo animale dal punto di vista alimentare, perché se questa infezione è arrivata a noi probabilmente è perché qualcuno in Cina si è mangiato qualche animale che non doveva mangiarsi. Vale per il surriscaldamento globale che rende alcuni micro-organismi di determinate aeree presenti anche in altre parti del mondo, si pensi allaFebbre gialla, alla Chikungunya, alla Zika e altre malattie che un domani potrebbero essere nostre. Ci sono quindi una serie di atteggiamenti che il Covid ci deve insegnare ad avere: rispettare di più l’ambiente e i microbi”.
Con la pandemia è nata una nuova e inedita normalità? Come si immagina il futuro?
“Mi auguro di no, perché questa normalità del vivere con la mascherina, distanziati, senza la possibilità di abbracciarci e baciarci non mi piace per niente. Spero che grazie al vaccino potremo tornare alla normalità. Noi siamo fatti di emozioni, di scambio di effusioni, di contatto e non posso pensare che questo non ci sarà più. Dobbiamo fare di tutto perché non avvenga”.
Chi pagherà il prezzo più alto della crisi economica?
“L’Italia sarà tra i paesi al mondo che pagherà il prezzo più alto, perché abbiamo sbagliato molte decisioni. Siamo stati isolati in una prima fase e poco collaborativi in una seconda. Inoltre noi, rispetto ad altri paesi, siamo lenti nella ripartenza. Credo che la crisi purtroppo colpirà, come già sta succedendo, le classi socio-economiche più deboli. Quando verso aprile o maggio verranno sbloccati i licenziamenti, in Italia vedremo milioni di persone che perderanno il lavoro. A quel punto dovremo farci delle domande: abbiamo fatto tutto bene o c’era qualcosa che potevamo fare in maniera diversa? Era giusto chiudere tutto oppure potevamo cercare di mantenere aperte alcune attività? Inoltre chi pagherà il tributo più grande saranno gli studenti. Noi abbiamo una generazione che avrà perso praticamente due anni di scuola in presenza e, di conseguenza, anche socializzazione, istruzione e cultura. Anche su questo dobbiamo farci delle domande. Perché il nostro paese non è stato in grado di mandare a scuola i nostri figli, quando tutti gli altri in Europa lo hanno fatto?”.
Cosa rimarrà nella storia di questa pandemia?
“Rimarrà la storia della più grande pandemia dei tempi moderni. Spero e mi auguro, però, che rimarranno anche degli insegnamenti per quanto riguarda la gestione del sistema sanitario”.
Come ha passato il Natale?
“È stato un pessimo Natale. Ho rispettato ovviamente le regole perché l’ho trascorso con sole due persone, ma credo sia stato gestito molto male. Con i colori delle regioni è stato fatto di tutta l’erba un fascio, c’era confusione sul numero delle persone, sono state adottate regole stringenti ma nessuno le ha fatte interpretare e non c’erano controlli. Anche in questo siamo stati molto disordinati”.
Qual è stata per lei la lezione del Covid?
“La lezione è che un nemico sanitario è ogni momento dietro l’angolo. Bisogna essere sempre pronti e organizzati come un fortino con i guardiani che guardano al di là del fossato, così da capire quando il nemico sta arrivando e poterlo intercettare rapidamente. Questo vuol dire avere dei piani che guardino non al domani, ma ai prossimi 10 o 15 anni. Anche in termini di investimenti”.
Edoardo Venditti
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