Il sostituto procuratore Michele Adragna
Viterbo – Stupro di gruppo, udienza preliminare il primo aprile davanti al gup Francesco Rigato per i due viterbesi di 44 e 56 anni, C.C. e M.T., accusati di violenza sessuale ai danni di una donna, anche lei viterbese, della quale avrebbero approfittato dopo averla convinta a seguirli in un appartamento tra i quartieri Ellera e Santa Lucia e averla fatta bere. Rischiano il processo per stupro di gruppo aggravato dalla minorata difesa della vittima.
La donna ha 39 anni, la stessa età della viterbese violentata la notte tra l’11 e il 12 aprile 2019 in un pub da una coppia di ventenni militanti di estrema destra, condannati a tre anni e a due anni e dieci mesi di carcere nonché a un risarcimento complessivo di 60mila euro. La differenza è che stavolta non c’è la “pistola fumante” dei filmati scambiati su WhatsApp a fare da prova regina dell’accaduto.
Ci sono però i referti medici e le testimonianze di chi per primo ha soccorso la vittima. I fatti risalgono al 28 settembre 2019, appena cinque mesi dopo l’altro stupro di gruppo, salito alla ribalta dei media nazionali. I tempi si sono allungati a causa della pandemia. Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Michele Adragna, sono state condotte dagli uomini della squadra mobile della questura di via Mariano Romiti.
A chiedere il rinvio a giudizio della coppia di uomini, a fine primavera 2020, subito dopo il primo lockdown, è stato il il pm Adragna. La presunta vittima è pronta a costituirsi parte civile con l’avvocato Francesca Bufalini.
“La mia assistita – ricorda la legale – all’inizio era molto titubante a denunciare l’accaduto, nonostante si sia recata immediatamente all’ospedale di Belcolle, temendo che non sarebbe stata creduta”.
“Adesso – prosegue – nonostante sia ancora alle prese con i danni psicologici collaterali alla violenza, ha ritrovato fiducia nelle istituzioni e si dice fiduciosa che la giustizia farà il suo corso. Per lei, che è una persona molto fragile, della cui fragilità gli indagati hanno approfittato, non è stato facile affrontare quello che le è successo, ma adesso è sicuramente più forte di quando, al pronto soccorso, ha faticato a confidarsi col personale sanitario nel timore di passare per una visionaria o di sentirsi dire che era stata colpa sua. E di quando, fino alla primavera scorsa, continuava a pensare che la sua denuncia sarebbe stata archiviata”.
“Quando ha saputo di essere stata creduta, è scoppiata in un pianto dirotto e irrefrenabile. Tuttora è veramente molto provata, ma adesso ha fiducia nella giustizia”, torna a ribadire la legale.
L’avvocato Francesca Bufalini
Nel frattempo, complice il Coronavirus, sarà passato un anno e mezzo quando il caso approderà davanti al giudice per le udienze preliminari che dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio della procura della repubblica di Viterbo.
La coppia avrebbe assunto assieme alla donna “dosi consistenti di sostanze alcoliche”, quindi sarebbero iniziati gli approcci sessuali, “manifesti e molesti”, consistenti in palpeggiamenti al seno e al sedere, come si legge nell’avviso di conclusione indagini del pubblico ministero Adragna.
Avrebbero quindi costretto la 37enne ubriaca a subire atti sessuali, “approfittando della totale incapacità di reazione, essendo la donna in uno stato di incoscienza e comunque di minorata lucidità, in ragione di una condizione di manifesta ebbrezza alcolica, pertanto abusando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della stessa”.
Silvana Cortignani
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Presunzione di innocenza
Per indagato si intende semplicemente una persona nei confronti della quale vengono svolte indagini preliminari in un procedimento penale.
Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.
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