Viterbo – Il 14 ottobre 2010 scappò in Sudamerica con circa 600mila euro di soci, pazienti, fornitori e colleghi che avevano pagato un corso in Bolivia. Oggi il dentista Gianfranco Fiorita è stato condannato a due anni, tre mesi e 15 giorni di reclusione. L’accusa, lo scorso 8 gennaio, aveva chiesto un anno e dieci mesi.
Una sentenza che grida “appello”, secondo il difensore Roberto Alabiso, che è anche neopresidente della camera penale di Viterbo, pronto a battersi per l’assoluzione in secondo grado.
Il sessantenne medico viterbese è stato condannato anche al pagamento di oltre 70mila euro di provvisionali alle vittime riconosciute tali dal giudice Giacomo Autizi. Sono una quarantina di parti offese, su 61 costituzioni di parte civile, tra cui l’Ordine dei medici della provincia di Viterbo cui l’odontoiatra dovrà versare la somma di cinquemila euro. I risarcimenti stabiliti in sede penale variano da un minimo di 500 a un massimo di 10mila euro, con una media attorno ai 2500 euro per ciascuna delle parti offese, che una volta diventata definitiva la sentenza potranno chiedere ulteriori danni in sede civile.
Finito a processo con l’accusa di appropriazione indebita, Fiorita è stato assolto con formula piena per 39 posizioni e condannato per altre 14. A sorpresa, però, il giudice ha riqualificato il reato di appropriazione indebita in truffa aggravata per 26parti civili e in insolvenza fraudolenta nei confronti degli ex soci della clinica odontoiatrica Dental Action del Pilastro.
L’avvocato Alabiso resta dell’idea che per, quanto riguarda i soci, Fiorita debba andare assolto, trattandosi semmai di questioni civilistiche.
Nel frattempo il dentista dovrà attendere 90 giorni per conoscere le motivazioni della sentenza e presentare quindi ricorso in appello. “Non per la prescrizione, che è un’ancora di salvataggio da tenere come ultima ratio, ma per ottenere la piena assoluzione del mio assistito”, anticipa l’avvocato Alabiso, dicendosi “moderatamente soddisfatto” e ribadendo per tre volte consecutive “appello, appello, appello”.
Riconosce, il legale, “la precisione del giudice di primo grado, che ha avuto la forza e il coraggio di distinguere le varie posizioni, quando per altri sarebbe stato molto più semplice dire ‘tutti assolti’ o ‘tutti condannati'”. Ma ha un dubbio di carattere processuale. “Poteva riqualificare il reato in sede di sentenza oppure il diritto difensivo è compresso? Perché io non mi sono difeso sulla truffa e sull’insolvenza fraudolenta”, spiega. “Capisco che è un cavillo sostanziale, ma è un dubbio che giuridicamente mi pongo. C’è una sentenza della cassazione che lo considera una compressione del diritto di difesa, anche se ce n’è una sola. C’è da lavorarci sopra. Spero di trovare spunti utili dalle motivazioni della sentenza”.
Silvana Cortignani
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