Tuscania – (sil.co.) – Ufficiale dei carabinieri mputato di peculato d’uso, abuso d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio, dopo un lungo tira e molla tra accusa e difesa, si va verso l’unificazione dei due processi a carico dell’ex comandante della compagnia di Tuscania, Massimo Cuneo. Il militare è difeso dagli avvocati Pierluigi Mancuso del foro di Roma e Fabrizio Ballarini del foro di Viterbo.
Clamoroso fu il suo arresto, l’11 febbraio 2015, quando già da diversi mesi era stato promosso maggiore e trasferito a Roma. Il primo processo è iniziato il 5 giugno 2018, mentre il cosiddetto “Cuneo bis” si è aperto il 9 settembre 2020. I fatti risalgono al 2013.
Complice il recente avvicendamento di magistrati che si è verificato al tribunale del Riello, e le conseguenti incompatibilità che si stanno verificando in sede dibattimentale, ieri il collegio presieduto dal giudice Elisabetta Massini ha rinviato gli atti del processo scaturito dal filone principale dell’inchiesta al presidente facente funzioni Eugenio Turco.
Contestualmente il giudice Massini ha rinviato il processo, che ieri non si è quindi celebrato, all’udienza già fissata per il prossimo 10 novembre per la designazione di una diversa composizione della terna giudicante e per l’eventuale riunione con il “Cuneo bis” – previsto quel giorno – dopo la richiesta di unificazione effettuata ieri dalla pm Paola Conti titolare dell’inchiesta.
Massimo Cuneo
Il “Cuneo bis” si è aperto il 9 settembre 2020 dopo che il tribunale militare di Roma ha rinviato per competenza alla magistratura ordinaria la decisione relativa a ulteriori accuse di peculato per il presunto utilizzo, 12 gli episodi contestati (che si aggiungono ai 5-6 casi precedentemente accertati), dell’auto di servizio per scopi personali e di uso improrpio di personale interno per lavori di ristrutturazione della caserma di proprietà del Comune di Tuscania.
L’inchiesta è nata per caso. Cuneo, che ha lasciato la Tuscia nell’estate 2014 per un incarico al ministero delle politiche agricole, intercettato per altri motivi, si sarebbe tradito rivelando ad alcune ditte viterbesi – aziende agricole, caseifici e similari – che ci sarebbero stati degli accertamenti, invitando i titolari a mettersi in regola. Motivo per cui è finito indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. Le indagini si sono poi ampliate, fino a sfociare addirittura in due processi.
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