Viterbo – “Mi creda che per me è difficile spiegare la situazione imbarazzante in cui ci troviamo. Non abbiamo avuto bisogno mai di nulla, ma ora non stiamo ricevendo stipendio”. “Mi trovo in seria difficoltà economica, tale da non avere più denaro per la spesa. Vivo solo, quindi il mio bisogno è minimo. Mi chiedo se posso accedere alla vostra generosità…”. Infine. “Attualmente non lavoro e a mia moglie non è stato rinnovato il contratto, causa Covid-19. Abbiamo due bambini di 7 e 2 anni. E’ possibile chiedere il sostegno?”.
Sono soltanto alcuni delle centinaia di messaggi di aiuto arrivati sul telefono dell’Emporio solidale di Santa Barbara a Viterbo che durante il primo lockdown ha assistito più di 700 famiglie e distribuito 25 tonnellate di generi alimentari e prodotti per la casa.
Viterbo – L’attività dell’Emporio Solidale
Santa Barbara è un quartiere di oltre 12 mila abitanti a nord della città di Viterbo. Alcuni la considerano una vera e propria “frazione”, cioè un territorio a parte. Soltanto che così non è, e questo, a volte, si traduce nell’assenza di servizi, autobus che passano una volta ogni tanto, una scuola iniziata e poi lasciata lì da oltre 10 anni, lo stesso dicasi per la palestra, e una parrocchia, quella di don Claudio, che deve tamponare e ammortizzare contraddizioni e dinamiche sociali sempre più simili a quelle di una periferia metropolitana piuttosto che a un quartiere di provincia.
Con la parrocchia, la Caritas diocesana e Viterbo con Amore che nel 2018 hanno dato vita all’Emporio solidale, un supermarket dove chi non ha i mezzi può trovare lo stesso generi alimentari, casalinghi e scuola. Scegliendo, per superare, magari, un momento difficile arrivato tra capo e collo all’improvviso. Nel pieno rispetto della riservatezza di famiglie e persone.
Con il sostegno di regione Lazio, assessora Alessandra Troncarelli, e comune di Viterbo, assessora Antonella Sberna, e l’obiettivo di rimettere in moto una vita normale in un quotidiano dignitoso. Poi, chi vuole, può partecipare alle linee progettuali di Caritas e Viterbo con Amore.
Domenico Arruzzolo e Claudio Rossetti di Viterbo con Amore
Quest’ultima, l’associazione diretta da Domenico Arruzzolo, la settimana trascorsa ha festeggiato i suoi primi vent’anni. Con una serie di convegni e una mostra fotografica di Roberto Bellucci alla chiesa degli Almadiani, in piazza dei caduti a Viterbo. Per raccontare e proporre alle istituzioni un patto di comunità con il terzo settore.
L’occasione, anche, per raccontare l’esperienza più importante. Quella dell’Emporio solidale, nato nel 2018 per trovarsi subito sulla linea del fronte appena due anni dopo, con il Covid, la pandemia che va avanti da quasi due anni, con tanto di emergenza che da sanitaria è diventata man mano sociale.
“L’Emporio solidale – racconta il tesoriere di Viterbo con Amore, Claudio Rossetti – è stato messo in piedi nel 2018 e prende spunto da un’idea maturata all’interno della consulta comunale del volontariato. Lo scopo era quello di porre un argine alle situazioni di emergenza sociale, creando un minimarket dove le famiglie assistite potessero scegliere i prodotti alimentari più idonei. All’inizio avevamo solo 50/60 nuclei familiari. Siamo poi passati a 80 all’inizio del 2020.
Il Covid ha stravolto la situazione esistente, generando crescenti nuove povertà e forme di precarietà. Ben 723 famiglie sono state sostenute nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020. Durante la fase più dura del lockdown. Abbiamo distribuito pacchi e generi alimentari direttamente a domicilio, grazie anche all’aiuto della Protezione civile Faul. Abbiamo distribuito 2435 pacchi per circa 25 tonnellate di generi alimentari e prodotti per la casa. Alla fine del 2020 ci siamo attestati a circa 155 nuclei familiari, ma nel 2021 la situazione non è migliorata. Adesso seguiamo 255 famiglie”.
Viterbo – Luca Zoncheddu della Caritas
Il racconto di Rossetti è anche una mappa, quella della povertà diffusa sul territorio della città di Viterbo. E con essa le conseguenze del Covid. Famiglie che di punto in bianco si sono ritrovate senza lavoro e sole con se stesse. Isolate nei propri appartamenti già da prima, durante il Covid si sono scoperte prive di reti e di risorse. Una comunità venuta meno già da tempo. Incapace di fare da sola perché non più abituata a farlo.
Chiusa in una dimensione virtuale mentre tutto intorno scorreva. Con la pandemia la contraddizione è venuta fuori ed è esplosa. In una società dove ognuno è collegato all’altro in mille modi diversi, durante l’emergenza ci siamo però ritrovati tutti quanti soli e bisognosi d’assistenza. Una società che durante il Covid si è scoperta innanzitutto povera, di risorse e rapporti. Ed è qui, in questo vuoto, che il terzo settore è intervenuto, sviluppando un vero e proprio welfare di strada che si è affiancato a quello delle istituzioni e delle Asl.
L’attività dell’Emporio solidale di Viterbo
Diverso è invece il discorso riguardante la popolazione straniera. Sebbene una parte sia stata trasversale anche alle istituzioni e alle associazioni del terzo settore, soprattutto con i buoni spesa e gli affitti, l’emergenza Covid ha visto per la prima volta sul terreno le associazioni culturali legate alle diverse comunità presenti a Viterbo.
Tra queste, l’associazione culturale islamica che ha sviluppato un vero e proprio network che ha permesso di assistere decine di famiglie durante i lockdown. Oppure l’associazione senegalese che fa riferimento alla corrente mouridica dell’islam che si riconosce attorno alla figura di Serigne Touba.
Recentemente è stata infatti aperta una sala di preghiera al Murialdo dove si fornisce anche assistenza alle persone. Così come sono diverse anche le sale evangeliche dove si riunisce invece la comunità nigeriana cattolica cresciuta molto a Viterbo, soprattutto nel corso degli ultimi anni. Si tratta infine di comunità, molto presenti in diversi quartieri del centro storico, capaci non solo di sviluppare vere e proprie reti di assistenza, ma anche di sviluppare forme di collaborazione in grado di coinvolgere molte altre componenti della società civile. Associazioni del terzo settore, sindacati, Arci, studenti. Dove cominciano ad emergere con forza anche le cosiddette seconde generazioni, sempre più preparate, consapevoli e combattive.
Si tratta infine di comunità che percepiscono se stesse anche al di là della propria appartenenza religiosa o nazionale, all’interno di un contesto più ampio. Quello del lavoro, vissuto come un fronte comune.
Anche sul piano organizzativo, con una presenza di gruppi, anche dirigenti, sempre più numerosi. Ad esempio all’interno dei sindacati. Il lavoro. Da quello dipende tutto. E sono quasi tutti braccianti oppure operai. Una condizione che le comunità di stranieri presenti a Viterbo stanno sempre di più vivendo come una condizione che li unisce. Nel modo di vivere e abitare, l’uno con gli stessi problemi dell’altro.
Viterbo – Centro storico
“L’emporio – spiega Rossetti – nel corso di questi tre anni, ha ampliato ed esteso tutti quanti i servizi. Le famiglie ricevono infatti, oltre ai beni di prima necessità, anche pannolini per bambini, giocattoli, libri, zaini e materiale scolastico per la scuola dell’obbligo. Inoltre abbiamo messo in piedi delle convenzioni con le società sportive del territorio, sia di calcio basket, pallavolo, nuoto ed altri sport consentendo a molti bambini di fare attività sportiva e principalmente di socializzare con i propri coetanei”.
Viterbo – Centro storico
Una città, Viterbo, dove la condizione di povertà si lega sempre di più a quella del lavoro. La fine delle reti familiari, e del ruolo di ammortizzatore sociale svolto dagli anni ’90 in poi, ha fatto sì che la perdita del lavoro si trasformasse per molti nel precipizio verso la povertà. Passando prima per l’indebitamento.
Senza più una famiglia d’origine alle spalle, la famiglia che all’inizio della pandemia ha perso il lavoro ha poi scoperto che le risorse istituzionali pensate, e pagate a suon di tasse, per dargli una mano nei momenti di difficoltà erano del tutto insufficienti. Il tutto, per di più, in città abbandonate a se stesse e all’incuria e in un territorio senza infrastrutture e collegamenti. Isolato. Senza industria, agricoltura e con le politiche per il turismo ancora all’età della pietra.
Viterbo – Mensa Caritas
Una fotografia, quella della povertà a Viterbo, scattata anche dalla Caritas diocesana diretta da Luca Zoncheddu che sul suo sito ha pubblicato il rapporto dell’Osservatorio con i dati del 2020, primo anno di Covid. I colloqui effettuati al centro di ascolto sono stati 1741. Le persone sostenute 1092. Il 32% abita da solo, il 49% ha chiesto aiuto per l’intero nucleo familiare e il 19% è ospite di altre persone.
Le fasce di età più rappresentative sono quelle che vanno dai 35 ai 44 anni e dai 55 anni ai 64. La prima rappresenta il 22% delle persone che hanno chiesto aiuto. La seconda il 21. Il 57% di chi è stato aiutato dalla Caritas ha un livello di istruzione medio-bassa. Il 35% ha il diploma delle superiori e il 5% la laurea. Le problematiche principali: lavoro, povertà economica, disagio abitativo.
I pasti distribuiti alla mensa Caritas nel 2020 a Viterbo sono stati più di 21 mila. Sono stati poi portati generi alimentari a più di 7 mila persone, mentre 65 persone hanno portato beneficiare del dormitorio all’interno delle strutture diocesane per un totale di 18.500 pernottamenti.
La Caritas gestisce anche un progetto di co-housing rivolto agli studenti universitari. Il progetto propone agli studenti uno scambio: Disponibilità di tempo in cambio di una casa, un appartamento in centro storico dove gli studenti abitano. In cambio appunto del loro tempo da dedicare come volontari alla Caritas. Soprattutto nel servizio mensa. Il progetto di chiama AbitiAmo e di fatto ha permesso di portare avanti la mensa per tutto il periodo dell’emergenza. Permettendo anche un vero e proprio ricambio generazionale tra i volontari.
Tra gli altri progetti in campo, Educhiamo, rivolto alle scuole e alle parrocchie con percorsi orientato all’apprendimento e allo sviluppo della personalità, oppure Terra degli uomini per ridare lavoro e dignità a chi è disoccupato. I progetti Caritas sul territorio sono in tutto 8 e coinvolgono circa 250 persone, 6 parrocchie, 7 istituti scolastici e 27 piccole e medie imprese, raggiungendo infine, con il lockdown, oltre 7 mila persone. In tutta Viterbo, che ne conta 67 mila.
Daniele Camilli
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