(s.m.) – Restano in attesa gli arrestati del blitz Genio e sregolatezza.
Gli amministratori, imprenditori e funzionari del Genio civile finiti in arresto per un presunto giro di appalti truccati aspettano la decisione del gip Franca Marinelli.
Spetterà al giudice, dopo il parere dei pm Stefano D’Arma e Fabrizio Tucci, valutare le richieste di alleggerimento delle misure cautelari avanzate dalle difese di alcuni dei dodici in cella o ai domiciliari.
Quasi tutti gli arrestati si erano avvalsi della facoltà di non rispondere all’interrogatorio di garanzia. Solo l’imprenditore Angelo Anselmi ha parlato. Il sindaco dimissionario di Graffignano Adriano Santori e l’assessore all’Ambiente Luciano Cardoni hanno depositato documenti sulle gare d’appalto incriminate. Gli altri hanno tutti optato per la “scena muta”.
Alcuni, come l’imprenditore vetrallese Marcello Rossi, non hanno nemmeno avanzato richieste di scarcerazione, temendo di trovare un muro da parte dei magistrati. Per Rossi e gli altri che hanno scelto la sua stessa linea, la via del ricorso al tribunale del Riesame è praticamente certa.
Qualche avvocato ha già deciso di affilare le armi sull’utilizzabilità delle intercettazioni, proprio come accaduto nelle inchieste Dazio e Miniera d’oro 1 e 2.
Intanto emergono nuovi particolari su come la cordata di imprenditori avrebbe controllato gli appalti di una buona fetta della provincia. I metodi, per la procura, erano tanti e diversi. Il più eclatante, documentato da riprese video, era quello di aprire le buste e sostituire un’offerta con un’altra, che assicurava all’impresa di fare l’offerta giusta per vincere e più vantaggiosa.
E’ il caso della zona artigianale di Vignanello. L’appalto più imponente, tra i 26 sotto la lente della procura: lavori per quasi due milioni e 600mila euro.
In quasi tutte le gare, le ditte si sarebbero accordate sui contenuti delle offerte.
C’erano, poi, informazioni riservate. Che non dovevano passare. E, invece, diventavano “segreti di Pulcinella”. Come i nomi delle aziende partecipanti alle gare: in qualche caso era lo stesso Roberto Lanzi a comunicarli agli imprenditori e, addirittura, a decidere con loro quali ditte invitare.
Come impiegato all’ufficio gare del Genio civile, Lanzi poteva non solo sapere chi era interessato a un appalto, ma anche elargire consigli sulle percentuali di ribasso e impegnarsi a favorire un’impresa piuttosto che un’altra. Suggerimenti che, in più di un’occasione, gli imprenditori avrebbero pagato con profumate tangenti. Una, addirittura, da 40mila euro, da spartire con la collega – arrestata – Gabriela Annesi.
I consigli, a volte, diventavano così dettagliati che l’imprenditore finiva per stilare il bando direttamente con l’appaltante o con l’ufficio preposto alla burocrazia delle gare (quello di Lanzi). Più di una volta il funzionario del Genio civile avrebbe aiutato gli imprenditori a confezionare l’offerta tecnica: dall’appalto per il risanamento delle case del centro storico di Vignanello alla ristrutturazione dell’ex chiesa San Marco di Tarquinia.
Gli appalti si assegnavano a turno. La ditta predestinata si vedeva attribuire punteggi preferenziali. Le aziende potevano anche essere esortate a rinunciare, come nel caso dei lavori a Palazzo San Valentino, sede della biblioteca di Corchiano. L’imprenditore tarquiniese arrestato Luca Amedeo Girotti fu invitato a fare dietrofront dallo stesso Lanzi: l’appalto, semplicemente, era stato promesso a qualcun altro, come si legge sulle carte dell’inchiesta.
Capitavano anche accordi con i subappaltatori. Secondo i magistrati, l’aggiudicazione di una gara da parte di una certa ditta, in qualche caso, era funzionale al subappalto a un’altra. Lanzi avrebbe preso contatti direttamente col subappaltatore, previo accordo con l’appaltatore predestinato. Su questo fronte l’indagine continua: i pm descrivono questo metodo come uno di quelli adottati dal “sodalizio”, ma quali lavori siano stati affidati con questa modalità è ancora da chiarire.
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